La via verso la soluzione più semplice ed efficace può essere molto lunga e tortuosa, pensavo stamattina, mentre preparavo alcune slide con pochissime parole sopra. Pochissime, ma cruciali, visto che si trattava del labelling e della tagline di un sito che deve parlare ai professionisti e agli studiosi come al lavoratore immigrato.
Ho filtrato da tantissime scartoffie in cui avevo scritto, scarabocchiato e variato di tutto per giorni.
Alla fine, devi scegliere (non dimenticherò mai quando la più famosa agenzia di naming al mondo presentò alla mia azienda circa 100! proposte di nuovi nomi).
Ho fatto l’avvocato del diavolo su ogni parola, ma alla fine mi ha salvata la copertina di un libro sull’usabilità piuttosto vecchiotto, ma che ogni tanto mi illumina: Don’t make me think, un approccio di buon senso all’usabilità web (Tecniche Nuove).
Al di là di tutte le elucubrazioni e le raffinatezze sull’usabilità, “non costringermi a pensare” mi appare un test perfetto, soprattutto per quanto riguarda le parole che ti servono a muoverti, a cercare e a trovare nel web. Per gli altri testi, ho delle idee un po’ diverse e molto ma molto meno nette e lineari.
Cara Luisa, anche io mi occupo di parola e comunicazione ma sono assolutamente nuovo del Web.
Ho creato un blog ma noto che, al contrario – non parlo per il naming – i visitatori si divertano a pensare, parecchio direi.
A volte le parole altisonanti o immagini criptiche soprattutto nel mio campo, la satira, possono essere fonte di numerosi contatti.
Fammi sapere, un consiglio di un’esperta – più esperta di me – fa sempre piacere.
Dario
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Satira e Comunicazione Politica