Nella sua ultima Alertbox Jakob Nielsen torna su un tema apparentemente semplice, ma cruciale per tutti i siti: la pagina Chi siamo.
Le sue ricerche danno l’usabilità di queste pagine in risalita negli ultimi cinque anni, in particolare per quanto riguarda la facilità nel trovare i contatti, elemento chiave per la credibilità. Non altrettanto si può dire della soddisfazione degli utenti: quelli che dicono di non capire dalla pagina Chi siamo quello che realmente fa un’azienda sono più di cinque anni fa.
Le pagine migliorano, ma evidentemente le aspettative degli utenti diventano sempre più alte.
La carta di identità di un’organizzazione in rete ha secondo Nielsen quattro livelli:
- la tagline in home page: poche parole lapidarie, precise e suggestive che sintetizzano chi è, cosa fa e cosa i visitatori possono trovare nel sito
- un breve profilo nella pagina Chi siamo, strutturato in un paio di paragrafi, in cui si danno degli elementi di dettaglio in più
- una sezione con i dati principali, all’interno della pagina Chi siamo oppure direttamente accessibile
- altre pagine interne che approfondiscono aspetti e attività dell’organizzazione.
Tutto scritto in rigoroso plain language, senza fuffa-marketing e frasi fatte, ma anche senza un eccessivo tecnicismo.
Lo schema nielseniano può avere molte variazioni, naturalmente, ma è un buon punto di partenza.
Il consiglio finale è non rinunciare mai a una accurata pagina Chi siamo, neanche nel caso dell’azienda più famosa della terra. E di chiamarla proprio così, Chi siamo, senza sbizzarrirsi in labelling creativi. Come nella vita, presentarsi con semplicità ed educazione vale per tutti, e tutti più o meno diciamo “Piacere”.
Quanto invece al saper ideare una tagline simpatica, informativa e fulminante o anche al saper spiegare l’essenza della propria attività, lì le cose si fanno più difficili.
Io stessa fatico ancora, dopo l’iniziale “Piacere”, a spiegare che mestiere faccio.
“Piacere!”
“Piacere!”
“Tu cosa fai?”
“Mi occupo di comunicazione. In particolare scrivo per le aziende.”
“Interessante, ma che scrivi?”
“Brochure, lettere, siti web… scrittura professionale.”
“Come la scrittura creativa?”
“No, però anche la scrittura professionale è creativa.”
A quel punto o l’interlocutore lascia perdere, oppure si è incuriosito e ti riempie di domande.
In ogni caso, ormai metto in conto che questa moina iniziale è quasi inevitabile.
Comincio però a pensare che un buon compromesso tra il preciso ma incomprensibile editor e la più o meno lunga moina potrebbe essere redattrice aziendale.
La prossima volta devo provare.
Esperienza quanto mai condivisibile:
“Tu cosa fai?”
“Sono un redattore.”
“Ah! Per quale giornale?”
“No, nessun giornale.”
“… Allora per la televisione?”
“No, mi occupo di libri.”
Dici che le prossime volte devo provare con “redattore editoriale”?
Grazie Luisa per il tuo splendido blog!
Idem! Serata piena di rampantissimi rampolli “io faccio io dirigo io sto a NY…”. Una tipa mi chiede “Tu cosa fai?” e io “redattrice”. “E che cos’è?”
La seconda tipa mi chiede “Tu cosa sei scusa?” E io: “Niente, io non sono niente, non preoccuparti”.
Luisa, sai che non mi piace, “redattrice aziendale” sa di interna, di lavoro dipendente. Nulla da dire, ma non è quello che fai e sei tu.
Preferisco “scrittrice aziendale” o “scrittore aziendale”, ma anche questo non ti definisce o, non racchiude quello che fai.
Ho pensato che non ci sono molte professioni così indefinite come la tua o la mia. Anche uno che si definisce “comunicatore” o “relatore pubblico”, non è proprio il massimo. Per chi invece si presenta come “pubblicitario”, le cose vanno meglio. Mestiere più conosciuto, poi tutti vedono il prodotto finito.
Quindi per tornare a te ma anche a noi, io lascerei un bel verbo fluido e dinamico: “io scrivo per le aziende e per la rete” (e lo faccio molto bene ndr!).
E questo è il mio primo post nel mio primo blog.
Tua Mariella
molto interessante trovato verramente un articolo che mi serviva vi ringrazio
http://www.agenziasg.com