La poesia vende poco, si sa, ma in rete va forte e scatena dibattiti accesi.
Scopro sul blog del Guardian dedicato alla poesia che nel mondo anglosassone sono di gran moda i manuali di auto-aiuto in cui si dispensano poesie al posto di gocce e pillole.
Manuali a tema, in cui ogni poesia è accompagnata dalla sua ricettina. Poesie di grandi come Shakespeare, oppure poesie confezionate per l’occasione dallo scaltro medico-poeta.
La più scaltra di tutte pare sia Daisy Goodwin, autoproclamatasi Poetry Doctor. Sul sito, promuove i suoi manuali poetici, dispensa consigli in versi, chiede contributi (da rielaborare a sua volta, immagino).
La blogger del quotidiano londinese si ribella e invita i lettori con problemi esistenziali, depressivi, amorosi, a leggere sì la poesia, ma non per inzuppare di lacrime il proprio già zuppo ego o ricevere lezioni di saggezza.
Piuttosto per mettere la testa fuori dal proprio guscio emotivo, confrontarsi con le esperienze e le espressioni di altri, aprirsi all’immaginazione.
Tutte cose che riescono meglio se leggiamo poesie che nulla hanno a che fare con le nostre angosce del momento e lunghi poemi invece di pillole tranquillizzanti.
Letture consigliate: Paradiso perduto di Milton, o la traduzione del Beowulf di Seamus Heaney, che nella loro grandiosità i problemi esistenziali ed emotivi li coprono tutti.
Per noi italiani, Dante e Leopardi sono come sempre perfetti.