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6 Febbraio 2008

Complesso vs Complicato

La questione della semplificazione è cruciale nella scrittura professionale. Semplificazione come miraggio e obiettivo, che rischia spesso di essere presa per faciloneria e approssimazione. Può la semplificazione essere lo strumento per comunicare mondi, siti, temi per loro natura complessi?
Il libro di Luca Rosati di cui ho scritto pochi post fa, mi ha dato una chiave di lettura molto chiarificatrice. Si riferisce all’architettura dell’informazione, ma rimane validissima anche per la scrittura, che ha la funzione di guidare attraverso le idee:

Guidare inizialmente la scelta attraverso forme di organizzazione logica o tematica è una forma di semplicità; permettere di ampliare il campo della scelta, contestualmente al settore di interesse, è una forma di complessità: integrarle significa poter passare dal semplice al complesso, riducendo il tempo e lo stress. Spesso utilizziamo il termine “complesso” in un’accezione negativa, come sinonimo di “difficile/difficoltoso”, ma la complessità è un bene, il problema sta solo nel renderla esplorabile, praticabile.
Semplicità e complessità sono complementari, e se opportunamente gestite possono fondersi in modo virtuoso.

Sfoglio i vocabolari.
Complesso significa “intrecciato”, “composto da più parti, interdipendenti tra loro”. La sua origine latina rimanda ad “abbraccio” e “abbracciare”.
Complicato significa “difficile, intricato, confuso”, “difficile da affrontare e da capire, che ha e pone problemi”.

PS Il quadro è di Keith Haring, un abbraccio solo apparentemente semplice.

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2 risposte a “Complesso vs Complicato”

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