Per svariati motivi professionali, negli ultimi tempi ho bazzicato abbastanza sia il mondo universitario, sia le famose classifiche sui livelli di competenza degli studenti nel corso dei loro studi e nei diversi settori disciplinari. Temi ai quali due o tre settimane fa Internazionale ha dedicato un buon numero delle sue pagine.
L’articolo di Smargiassi di oggi mi raccontava quindi cose abbastanza note, anche se vederle sciorinate tutte insieme, con le testimonianze-sfogo dei professori, ha fatto anche a me parecchia impressione.
Con la scrittura degli universitari vengo in genere in contatto in due modi: 1) mi scrivono in tantissimi; 2) correggo un certo numero di tesine.
Non ho quindi una grandissima esperienza, ma quello che mi colpisce sempre non sono tanto gli errori – grammatica, punteggiatura… – quanto la povertà lessicale, la rigidità della sintassi e soprattutto l’incapacità di sintonizzarsi sul proprio interlocutore o sull’obiettivo del testo. Trattandosi quasi sempre di studenti che vorrebbero occuparsi di comunicazione, sono limiti abbastanza seri.
Mi spiego meglio.
Se stai chiedendo un’informazione a un docente con il quale farai un esame, forse è meglio che deponi sia i toni burocratici, sia quelli della pretesa, sia quelli confidenziali.
Se stai scrivendo a una professionista della scrittura perché vuoi diventarlo anche tu, l’interesse e l’entusiasmo sono bene accetti, ma non possono prendere la forma del l’unica cosa che voglio fare è scrivere, scrivere, scrivere!!! mi aiuti!
Se la docente ti rimanda la tesina piena di osservazioni e senza una lode, dovresti capire da solo la sua opinione, senza tempestarla di nuove email in cui la implori di dirti cosa pensa “davvero” e se hai la stoffa del giornalista.
E la famosa tesina, proprio perché è una tesina, il minimo che deve avere sono un indice e la bibliografia… così come l’email deve avere la firma, sempre più rara man mano che l’età si abbassa.
Naturalmente non è sempre così.
Per esempio, in questi giorni sono abbastanza colpita dalla qualità dei commenti ai post di due docenti che conosco e che leggo: Giovanna e Corrado. Ma ci saranno sicuramente molti altri esempi.
I loro studenti sono sempre curiosi, interessati, arguti… segno, forse, che frequentare la rete non fa poi così male 😉 O non sarà che il docente blogger, per il solo fatto di condividere ben oltre l’aula e mettersi in gioco in prima persona, si attira in rete gli studenti migliori?
Luisa,
farò a breve un post sull’articolo di Smargiassi, a cui linkerò questo tuo commento, con relativi “pro e contro”.
Spero di stimolare una discussione sul blog e in aula.
Sono curiosa di sentire come reagiscono i ragazzi.
Ciaooo
Sono curiosa pure io.
E pure gli altri, ne sono sicura.
Attendiamo, allora, il disambiguamento.
Luisa
riguardo l’ultimo paragrafo… beh indubbiamente un docente che si presta a dare un esempio concreto e appassionato di ciò che insegna attirerà a se gli studenti maggiormente appassionati.
Essi cercano l’eccellenza, la fiutano e la seguono.
Tornando al post.
Gestendo il forum degli studenti di Scienze della comunicazione ho avuto modo di leggere dei loro elaborati (li inviano a me, crederanno che sia un guru, boh!?) e, soprattutto, i post scritti sul forum stesso.
Quante se ne potrebbero dire Luisa!
Quasi quasi mi cimento anche io in un bel dibattito con i colleghi.
A presto!
Nicolò