Ultimamente l’avevo abbastanza snobbato e criticato, ma l’ultimo articolo di New Thinking, la newsletter settimanale di Gerry McGovern, pur nella consueta (spesso eccessiva) sintesi, pone una domanda molto interessante: le parole che usiamo per cercare qualcosa su Google rispecchiano davvero quello che vogliamo?
No, però sono una finestra aperta sul nostro modo di pensare.
E’ uno spunto importante per noi che scriviamo sul web e che ci poniamo sempre più il problema di compiacere insieme il lettore e il motore.
Secondo McGovern, le parole che inseriamo nel form di ricerca sono “Bare, simple, unadorned, basic little words. Unpretentious and to the point, without spin or artifice.” In una parola hard.
Quelle che invece amiamo trovare sui siti, quelle che ci avvolgono e di persuadono, sono soft.
Cerchiamo un “albergo economico”, ma quello che desideriamo leggere sul sito è “un piccolo albergo familiare, pieno di charme, semplice, ma attento ai particolari”.
Si vince se tra il motore e il sito le parole hard passano il testimone a quelle soft, come in una staffetta.