La scarsa formazione visiva degli scrittori professionali proprio in un momento in cui l’unione tra parole e immagine è un terreno fecondissimo di sperimentazione e creatività forse è dovuto anche alla mancanza di strumenti, siti o libri. O forse la mancanza di questi rispecchia proprio una disattenzione e un divario profondo tra due mondi e due professioni. Le mie poche nozioni di grafica le ho imparate lavorando con i grafici e cercando di carpire un po’ di segreti del mestiere.
In realtà, ho sulla mia scrivania da almeno un mese un gran bel libro, di quelli che quando li vedi pensi che era proprio quello che ci voleva per te e com’è che nessuno lo aveva scritto prima.
E’ il Manuale di redazione di Mariuccia Teroni, pubblicato da pochissimo da Apogeo.
Se ho aspettato a scriverne è perché speravo di riuscire a leggerlo tutto prima di raccontarvelo ed eventualmente raccomandarvelo.
Ma il volumone è denso e ricco con le sue 400 pagine e finora ho soprattutto piluccato e gustato molto qua e là. Abbastanza per convincermi che è un libro utilissimo e molto piacevole, sia per approfondire temi e aspetti del lavoro redazionale che conosciamo meno, sia da consultare per dubbi e chiarimenti.
In sintesi, eccone i pregi secondo me:
- colma una lacuna: c’è il lavoro redazionale a tutto tondo e in tutti i suoi aspetti (storici, organizzativi, creativi, testuali, visivi, carta e web)
- è un manuale in senso stretto, perché ti spiega in maniera precisa come funzionano e come si fanno le cose, ma non ne ha la freddezza, perché il calore e la passione dell’autrice li senti in ogni pagina
- è esaustivo e risponde a mille domande: cosa sono gli orfani e le vedove? qual è la struttura precisa della pagina di un quotidiano, quale l’anatomia di un libro? quali sono i segni di correzione delle bozze, e come si usano? perché il tutto maiuscolo si legge male? a cosa si addice il maiuscoletto? come si scrivono le note? e le sigle? cos’è la giustezza? come pubblicare un documento in pdf? come è nato il libro tascabile?
- è denso di informazioni, ma leggero nella presentazione e quindi molto facile da consultare: pagine ariose, moltissime immagini con didascalie “parlanti”, un apparato paratestuale che ti fa capire in ogni momento dove sei e di cosa si parla, box di approfondimento e brevi suggerimenti costellano tutto il libro, titoli di capitoli e paragrafi veramente belli e invitanti (Testo, testo delle mie brame, Tutto a posto, niente in ordine, Un arcobaleno di colori, un giardino di immagini, Meravigliosamente digitali…)
- è profondo, sia per il dettaglio delle informazioni (interessantissima la sezione sul colore e le immagini, dove si va dal significato simbolico al pantone, ai formati delle immagini digitali), sia per la dimensione storica, con le tante incursioni nel passato a illuminare e spiegare gli strumenti di oggi
- si può consultare come una piccola enciclopedia del lavoro redazionale, ma anche leggere come un racconto appassionante.
Mi spiace, ma la “lacuna” era già stata colmata, da “Farsi un libro” di Angiolo Bandinelli, Giovanni Lussu e Roberto Iacobelli del 1990 per Stampa alternativa o dal più recente “Manuale di redazione” di Edigeo per l’Editrice bibliografica.
C’è poi il classico “Manuale del grafico” di Giorgio Fioravanti per Zanichelli.
Sono contento che abbia apprezzato la lettura di questo nuovo sforzo editoriale al quale auguro il miglior successo, ma ancora una volta rinnovo la mia domanda: perché, pur con tanto materiale per insegnare a scrivere e, soprattutto, a pubblicare, la nostra lingua, la nostra capacità di comunicazione e la nostra efficacia ed efficienza comunicativa scadono di giorno in giorno anziché migliorare?
Che ci sia tanto materiale per insegnare a scrivere non risolve alcunché, se non ci sono abbastanza persone che si soffermano a leggere.
Basta far caso, quando si parla, a quanti hanno voglia di ascoltare, prima di far prorompere il loro “io-io-io-io-io-io…”. Il problema è tutto lì, l’esasperata egopatia dei tempi, anche nei blog, anche nei guru, non credi?
A.
Non credo si possa generalizzare, caro muzii, è vero che ci sono pessimi esempi di comunicazione , ma per fortuna ci sono anche tante persone competenti e appassionate che continuano a lavorare a diffondere e a contagiare….in positivo. Bisogna credere nel buono.
simonetta