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risali negli anni

20 Maggio 2007

Tessuti



Il libro di Sabadin che citavo qualche post più in giù definisce viewspaper i giornali che, sull’onda del web, sono più – o forse prima – da vedere che da leggere. Con grandi immagini che costeggiano e corteggiano il testo, e poi box, menu e pop up.

Il mio viewspaper preferito è l’inserto domenicale di Repubblica, in cui trovo sempre qualcosa che mi piace.
Oggi c’è una doppia pagina dedicata ai tappeti persiani.
Giardini incantati, luoghi della preghiera e soglie verso il paradiso, lo sfondo di Sherazade mentre raccontava sfidando ogni notte la morte, magia per fuggire lontano e sorvolare immensi tempi e spazi, ambasciatore degli scambi tra oriente e occidente.

Nelle loro sacre conversazioni i pittori veneziani del quattrocento collocavano il tappeto persiano al confine tra lo spazio sacro della vergine con il bambino e quello dei santi e dei committenti. Tralci, rami, intrecci e calligrafie dei tappeti ispirarono anche Matisse e Paul Klee.

E il tappeto è anche tra le più belle metafore della scrittura: è la diversa combinazione di elementi semplici, con il loro colore, il loro spessore, la loro opacità o lucentezza a dare vita, intrecciandosi, a immagini e storie sempre diverse. Ogni nodo, un bivio, una decisione.
Fa bene ricordarsi ogni tanto che testo deriva proprio da tessuto, intreccio.
Ci riporta alla dimensione artigianale della scrittura. All’attenzione e alla pazienza.

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4 risposte a “Tessuti”

  1. Da quel che so il tappeto è nato in oriente con la funzione della preghiera e della vita domestica.
    Mi hanno sempre affascinato i vari modi di pregare delle varie religioni. La Chiesa Romana Apostolica in ginocchio, i mussulmani piegati a terra su di un tappeto, gli ebrei in piedi.
    Credo che queste diverse posture possano significare il rapporto di queste diverse religioni con Dio.
    Mi pare che sia più dignitoso per l’uomo stare di fronte a Dio in piedi.

  2. Ho letto questo bellissimo post più volte…

    Sono assolutamente d’accordo con quello che ha scritto: non bisognerebbe mai perdere di vista la “dimensione artigianale” della scrittura.

    Un oggetto nato dal lavoro e dal talento di un artigiano acquista valore soprattutto nell’ uso che ne viene fatto.

    Un tappeto diviene fondamentale, prezioso complemento d’ arredo quando risulta perfettamente in armonia con gli altri oggetti presenti nella stanza.

    Per il testo possiamo dire la stessa cosa: acquista significato e valore ogni volta che incontra il lettore.
    E più lettori incontra, più valore acquista.

    Roland Barthes affermava:

    “Un testo è fatto di scritture molteplici, provenienti da culture diverse e che intrattengono reciprocamente rapporti di dialogo, parodia o contestazione; esiste però un luogo in cui tale molteplicità si riunisce, e tale luogo non è l’autore, come sinora è stato affermato, bensì il lettore: il lettore è lo spazio in cui si inscrivono, senza che nessuna vada perduta, tutte le citazioni di cui è fatta la scrittura; l’unità di un testo non sta nella sua origine ma nella sua destinazione… prezzo della nascita del lettore non può essere che la morte dell’Autore.”

    E’ questo, dunque, il prezzo da pagare?

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