Mi sono trovata a scrivere per mestiere abbastanza per caso. Sono laureata in lettere, ma la mia specializzazione è la storia dell’arte, non la letteratura o la linguistica.
Tutto quello che ho imparato sulla scrittura professionale e che ho riversato in questi anni nel MdS e in questo blog l’ho imparato sul campo, giorno per giorno, trovandomi a dover risolvere dei problemi concreti, qualche volta importanti, ma molto più spesso terra-terra.
Sono sempre stata un gran lettrice, questo sì, fin da piccola e conosco bene altre quattro lingue oltre la mia, ho istinto per le parole e senso del ritmo, ma i classici della comunicazione e della linguistica non li ho mai studiati in maniera seria e sistematica come fanno per esempio oggi gli studenti di scienze della comunicazione.
Sono autodidatta, ho orecchiato tanto, leggiucchiato altrettanto, qui e là, in maniera disordinatissima. Le mie lacune “teoriche” le ho sentite e le sento molto, qualche volta sono state anche abbastanza paralizzanti, tanto da farmi pensare di non avere nessun titolo per scrivere sulla scrittura e quindi soprassedere.
Non ho superato del tutto i miei complessi, ma ho imparato e conviverci con una certa serenità, anche grazie a una rete ormai solida di amici-studiosi-seri cui ricorrere quando ho un dubbio o voglio farmi fare ben bene le bucce ai testi prima di pubblicarli.
E pian piano tanti classici me li sono letti, uno per uno. Hanno illuminato zone d’ombra, consolidato e chiarito tante cose che nel lavoro quotidiano avevo già intuito e fatte mie.
Uno dei classici che non avevo mai letto per intero l’ho cominciato ieri pomeriggio in treno, mentre scendevo verso Roma lungo l’Adriatico. Di Rodari avevo letto molte cose, sentito parlare tanto, anche da persone che lo hanno conosciuto, ma non avevo mai gustato uno per uno i brevi capitoli della Grammatica della fantasia.
Sto frenando la mia voracità e centellinando la lettura. Sarà pure un libro per bambini e per chi ai bambini insegna, ma a me sta insegnando moltissimo, oltre che divertirmi.
Sarà perché ripartire dai bambini ridimensiona la mia ignoranza, mi fa pur sentire piccola, ma tra i piccoli?
Sono tra quelli che per prima cosa in un libro leggono la prefazione e i ringraziamenti. Nella Grammatica della fantasia si trovano tutti concentrati nelle prime quattro splendide pagine che vanno sotto il titolo di Antefatto. Che inizia con uno squarcio di inverno del 1937 e finisce con:
“Tutti gli usi della parola a tutti” mi sembra un buon motto, un bel suono democratico. Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo.”
Mah, Luisa, con il tempo ho imparato che anche i percorsi non lineari, un po’ tortuosi, hanno i loro vantaggi, oltre alla fatica di dovere imparare da autodidatta, che è innegabile,e a volte qualche senso di inadeguatezza, che il più delle volte è ingiustificato, e spesso spinge a continuare a “studiare” di più per sentirsi in pace con se stessi: per esempio, spesso chi arriva da percorsi alternativi è più elastico mentalmente, ha conoscenze più variegate e quindi ha spesso orizzonti di riferimento più ampi, ed è più autenticamente creativo, se è dotato di talento. Perché le regole le imparano tutti, a furia di studiarle; poi, ci sono anche quelli che le intuiscono in maniera naturale, e magari poi sanno anche superarle.
Non dico che un percorso sia migliore dell’altro, ma che ciò che fa la differenza è la persona, non il curriculum formativo. E ricordo con affetto la prima maestra d’italiano di mia figlia, che della Grammatica della fantasia di Rodari aveva fatto il suo piccolo breviario.
🙂
Credo che si possa affermare che, in senso civivo, tutto è politica, anche il linguaggio: dall’Illuminismo in poi, la classe intellettuale italiana è sempre stata drammaticamente consapevole, rispetto ad altre realtà (come ad esempio quella inglese che conosceva, anche se inizialmente per motivi esclusivamente economici, da ormai due secoli i giornali, e aveva compresa la necessità dell’informazione come requisito irrinunciabile alla libertà) del gravissimo handicap italiano rappresentato dalla diffusione dell’analfabetismo e dalla conseguente impossibillità di raggiungere, per avviare un processo di crescita e di presa di coscienza dei propri diritti, una larga maggioranza degli italiani, e penso soprattutto alla situazione del Mezzogiorno. Perciò, le parole di Rodari che hai scelto mi paiono tanto più belle e, purtroppo, ancora tragicamenente attuali per molti, perché la lingua continua da essere spesso strumento di potere, manipolazione e discriminazione sociale. Magari gli Azzeccagarbugli e i loro emuli fossero finiti con Manzoni…
cara luisa, non poteva essere altrimenti…i miei “maestri” :rodari, munari, calvino…si sente quando si hanno sensibilità comuni; allora dopo la grammatica..leggi gli “esercizi”..ti sembrerà di stare con lui, rodari e i ragazzi e potrai partecipare alla sua creatività…
ciao simo
[…] Rodari l’ho scoperto tardi, quando ho cominciato a occuparmi di scrittura, e scrittura di adulti e per adulti, […]