Dal punto di vista della comunicazione, la settimana che sta per finire è stata dominata dalle polemiche sul portale turistico dell’Italia. Polemiche a tratti veramente sgradevoli, non per la sostanza, ma per il modo, l’approssimazione, quel terribile effetto massa/pecora/valanga che nella blogosfera spesso mi spaventa, la cattiveria non sempre argomentata che le ha contraddistinte.
In questo caso la gogna mediatica c’è stata tutta.
Sgradevole e impietosa, ci ha però ricordato che in rete siamo sempre sottoposti a giudizio immediato, che non ci sono trucchi, scorciatoie, scuse. C’è sempre qualcuno pronto a farci le bucce, a criticare, a scoprire i nostri punti deboli, gli scheletri nell’armadio. Qualcuno che spulcia il nostro curriculum, che fa i conti, che ti studia, che confronta.
Vale per le aziende, vale per i semplici blogger, vale a maggior ragione per iniziative e siti che ci rappresentano tutti, che sono fatti con i nostri soldi.
E questo, nonostante i maleducati del web, credo che sia un gran bene. Perché ci costringe tutti a essere più onesti e a lavorare al meglio.
Le cose più sensate e condivisibili, comunque, le ha scritte oggi Massimo Mantellini.
Io non capisco niente di informatica, né di codici, né di CSS, ma le immagini le guardo. E mi ha colpita una curiosa parentela di immagini tra il portale dell’Italia e quello della Nuova Zelanda, ispirati entrambi all’etichetta che sta sul rovescio dei nostri maglioni.
Io sono uno dei maleducati della blogosphera, ci sono andato giù col machete, così, di getto. Ho dato delle motivazioni, ma nel momento in cui scrivevo regnava la rabbia. In generale potrei essere d’accordo con te, ma il caso specifico non ci permette di usare toni più tranquilli. Dopo 2 anni di attesa e la consapevolezza di quanto è costato, è giusto tirare su un polverone. A proposito di parentele… non c’è solo la Nuova Zelanda, dai un’occhiata al logo dell’estrema sinistra spagnola. Mi occupo di web, e vado in giro a vendere prodotti, e trovare un cliente per un portale da 10.000 euro è già un problema. Sono stati loro i maleducati, e tanto più i politici che hanno rilasciato azzardatissimi commenti da super esperti della comunicazione.
A presto
Roquentin
In ogni caso credo che questo fatto potrebbe avere un valore di test: riuscirà la comunciazione in rete, in questo momento così intensa, a fare breccia nei media mainstream e ad influenzare l’agenda setting politico?
Se ci riuscirà credo che ci triveremo alle soglie di un cambiamento per il nostro Paese, analogo a quello che fu la tragedia di Vermicino, sul finire degli anni 70, per la televisione in Italia.
Per questo seguo con interesse e trepidazione questa vicenda: è anche un test sul grado di maturità dei nuovi media.
Hai ragione, Roquentin, e ti capisco, perché anche io ho provato una gran rabbia.
Se ho fatto quelle riflessioni è perché esprimere la rabbia solo sotto forma di insulti e parolacce – ho letto in questi giorni tanti commenti cui mi inchino, ma anche tante parole stupide -, è qualcosa che non mi piace prima di tutto in me stessa.
Ce la siamo presa con la redazione incompetente. Così appare: avete visto la notizia della presentazione del portale al BIT? “Francesco Rutelli ha illustrato l’innovativo portale italiano che è navigabile in quattro lingue e che ha riscosso un immediato successo di critica e di pubblico.”
Sembra un’operetta, anche linguaggio. Nessun redattore con un minimo di buon senso scriverebbe un tale luogo comune nel mezzo della bufera.
A me è capitato di lavorare in progetti voluti politicamente e di non poter assolutamente esprimere il mio buon senso e le mie competenze perché certe cose mi venivano imposte, e so cosa vuol dire. Ho chinato la testa, me ne sono fregata per non morire di mal di fegato, ho tirato dritto per arrivare alla fine del contratto, ho rifiutato il rinnovo. Ho fatto tesoro dell’esperienza e non la menziono nel mio cv.
E sono anche molto d’accordo con Giacomo. Questa è davvero una prova, e anche una lezione per i nostri politici. Forse capiranno che il paese reale è tanto più avanti di loro anche nella cultura digitale, e forse la prossima volta saranno un po’ più umili.
Soldi a parte – 100.000 euro non sarebbero affatto tanti se il logo fosse adeguato -, mi rimane un dubbio.
Che ci facciamo ora con un logo così così? Il portale può pure morire, chiudere, essere trasformato, ma il logo mica possiamo buttarlo? Dire alla comunità internazionale “Scusate, è stata una prova, ora facciamo un’altra gara. Abbiamo capito la lezione. Diamo un brief migliore.”
Ciao, condivido in pieno. Non me la prendo assolutamente con lo staff, ma con il progetto in sé, e per come il peggio della vita istituzionale di questo paese sia venuto fuori da questa vicenda. Anche io, come te, ho partecipato a megaprogetti di e-gov vuoti, governati dall’incompetenza di pochi, e messi in opera con la nostra passiva accettazione, con le nostre teste basse e demotivate. Progetti della durata di interi anni, che al momento della pubblicazione si sono rivelati vecchi e fuori norma.
Il polverone che si è alzato, pur nei toni spesso esagerati o fuoriluogo, spero, come dice Giacomo, che lascino un segno. La blogosphera deve ancora migliorare, ma io in essa vedo un grande potenziale sociale.
Ciao
Roquentin
Ciao Luisa,
sei troppo gentile con me, come sempre 😉
Credo che correggere almeno gli errori più vistosi (pagine non trovate, testo inserito a caso) sarebbe un gesto di civiltà digitale. Poi vorrei tanto poter leggere online la versione di chi il portale l’ha progettato e sviluppato, possibile che nessuno alzi la voce per difendere anni di lavoro?
Miriam
Sul sito http://www.netsemiology.com i due semiologi Ligas e Crepaldi hanno fatto un’analisi sull’efficacia comunicativa del sito italia.it
E’ interessante perchè va decisamente controcorrente… almeno leggiamo anche pareri discordanti da quelli della blogosfera…
Sono già intervenuto sul sito di Giacomo Mason andando un po’ (molto) controcorrente. Sono un tecnico del web e della formazione e ho condotto lo sviluppo di un paio di siti frequentati niente male (circa 50.000.000 [sì proprio cinquanta milioni] di accessi annui l’uno e 3.000.000 [tre milioni] di accessi annui l’altro.
Con il tempo ho imparato queste due semplici regole, che spesso si tende a dimenticare.
1) – La semplicità, che mi è sempre stata richiesta ed imposta dai miei committenti. Naturalmente questo vale sia nel caso del front-end, verso i visitatori, che nei confronti del del bach-end, verso gli sviluppatori
2) – a furia di correre dietro all’ultima innovazione tecnologica si rischia di non essere mai presenti sul mercato e ricominciare sempre tutto da capo.
Che c’entra tutto questo?
E’ semplice criticare un progetto di sviluppo complesso ed articolato sulla base delle esperienze di progettazione di una pagina web. Poi bisogna interfacciarlo con i database, con le applicazioni, con la sicurezza. Gestire il progetto in termini di risorse umane e finanziarie. L’impressione che ho è quella di critiche banali, superficiali ed approssimative, dettate più che altro dalla volontà di dire “io so di certo fare meglio” che non da una vera e propria analisi meditata (sarebbe forse stato possibile diversamente in meno di ventiquattr’ore).
Molti poi reclamano un sito web 2.0 dimenticando che implicitamente richiedono proprio caratteristiche non 2.0: affidabilità, puntualità, coerenza, navigabilità, ecc. La stessa ospite di questo blog si comporta in due modi completamente diversi a seconda che scriva sul sito o che scriva sul blog.
Forse sarebbe utile guardare anche a questi “piccolissimi” problemi, prima di lanciarsi in sproloqui vari.
Un’ultima annotazione. Il logo scelto per rappresentare il MIO Paese è proprio brutto.
Gianluca Marroni
Forse è un bene, sì, per tutti, sapere di essere costantemente sotto una lente di ingradimento all’occorrenza impietosa. Ma l’effetto massa/pecora/valanga, quello non so se sia più deprimente o irritante. Chissà, forse per una volta l’autorefenzialità della blogosfera di cui tanto si è discusso servirà a puntarla su se stessi la lente…
io semplicemente non ho capito il progetto che ci sta sotto.
il problema è tutto qui. un insieme di link serve a poco
Non si tratta signori di una questione di stile o di autorerenzilità della blogosfera. No. Il sito lo facciamo meglio noi potrà sembrare presuntuoso ma accanto ci mettiamo la cifra che è costato e il ritardo due anni trovo che i toni siano fin troppo civili. 50 milioni di euro signori. c-i-n-q-u-a-n-t-a m-i-.l-i-o-n-i. Personaggi che il web italiano l’anno fatto e con i quali ho il piacere di parlare spesso ci facevano 10 startup e geravano valore per 250 milioni di euro, altro che balle.
Mi occupo di web e ho lavorato molto sul settore turismo come project manager e so come finzionano nel “back end”. Non se ne può più.
Scendendo su tecnico poi non ci sono scusanti. A parte l’accessibilità, il barbiere di siviglia e 2 filmati flash prima di arrivare alla home non li facevano nemmeno nel 2000. ci mancavano le gif animate ed eravamo a posto. Provaate a digitare http://www.italia.it a casse spente. 20 secondi almeno di candida e logo orribile che pulsa.
Avete letto la url ? Diciamo che non è che sia esattamente search engine friendly. ma farsi trovare su google non è importante meglio magari inverstire un milione in uan bella campagna di keyword advertising per apparire tra i sponsored links.
e tutti i sodi buttati nel progetto minerva?
Siamo di fronte al case history “come non si fa un portale”.
Visit britain non mi piace ma ha un suo perchè. qui siamo veramente all’abc del web design pagato a peso d’oro. Chi lavora con il web e ha alle spalle una esperinza di 1000 euro per un sito da in asp lo credo bene che usa toni al di sopra delle righe. Più che blogosfera autoreferenziale e pecorona mi verrebbe da pensare a due mondi separati. Chi il web lo usa e si meravilgia i fronte alla sua potenza e chi lo fa che dalla sua potenza è spesso schiacciato IBM signori ha fatto il portale. No un paio di blogger che hanno vinto il super enalotto. I-B-M. se avete un computer da più di 10 anni forse sapete chi sono. Svegliaaaaaaaaa! Politically correct.
farsi trovare su google non è importante?
E’ FONDAMENTALE