La prima pagina di Repubblica mi ricorda solo ora che oggi è la giornata della lentezza. Eppure dovrei saperlo: sono stata bersagliata di email su questo fatidico giorno in cui dovremmo muoverci piano piano, visto che di siti cosiddetti “alternativi” ne frequento un certo numero.
Eppure, – lo dico e lo scrivo, come si dice, “di pancia” – a me la giornata della lentezza mette una gran tristezza.
Riporta Repubblica che stasera a Roma i maratoneti della lentezza percorreranno 300 metri in un’ora e mezza, da Piazza Trilussa a Piazza S. Maria in Trastevere. I romani come me ne hanno un’idea. Per gli altri, assicuro che è una cosa del tutto innaturale. Immagino come vortichi la mente dei maratoneti mentre si sforzano di tenere il loro passo di lumaca. Trattenere i piedi è una tortura, la mente si rifà volando via, inevitabilmente.
Camminare o lavorare lenti per un solo giorno è un lusso che solo alle società opulente può venire in mente. E all’interno delle società opulente, naturalmente agli intellettuali, a quelli che non timbrano il cartellino, che non hanno un capo che li sorveglia al call center o all’impresa di pulizie, a quella che ci piace tanto definire la creative class insomma (non a caso il film bandiera del movimento è Un’ottima annata di Ridley Scott, film delizioso, ma storia improbabile di un riccone londinese che riscopre comodamente la lentezza in uno chateau francese).
Eppure molti dei riferimenti di chi ha pensato e organizzato la giornata della lentezza sono anche i miei. Alcuni pensatori orientali, lo yoga, la meditazione e tutte le cose che oggi vanno tanto di moda.
Per quanto mi riguarda, se c’è una cosa che ho imparato su quella superficie 60×175 che è un tappetino di yoga è che dentro di ognuno di noi c’è un ritmo con il quale imparare, con fatica e lentissimamente sì, a sintonizzarsi. Piano piano, giorno per giorno.
È un ritmo che a volte ti fa fermare, a volte ti fa venire i nervi perché ti sfugge, e a volte invece ti fa correre veloce, e persino volare. E allora la cosa migliore che puoi fare è metterti a correre davvero, con la mente, l’immaginazione, le gambe, la tastiera. I momenti esaltanti e creativi sono quasi sempre quelli in cui la velocità ti insegue e ti spinge verso il traguardo, il risultato.
È un ritmo che devi imparare a sintonizzare anche con gli impegni del mondo: le scadenze del lavoro e le attese delle persone nei tuoi confronti, il treno da rincorrere.
Un maestro di yoga francese da cui ho imparato molto definisce lo yoga “l’art de s’ajuster”, dell’aggiustarsi, del tararsi giorno per giorno, prendendo ogni volta le misure di noi stessi, degli altri, del mondo. Ogni giorno è diverso dall’altro e ha il suo ritmo, una volta lento, una volta da cardiopalma, ma comunque da accogliere e accettare dentro di noi.
Una cosa un po’ diversa dal clima vacanziero e compiaciuto della giornata della lentezza. Che, spero, non verrà ad aggiungersi come ultima perla alla lunga collana delle giornate commerciali.
Con kit di incensi e giardinetto zen al posto dei baci perugina, magari.
sono ultra d’accordo Luisa.
🙂
è vero, hai ragione. Io avrei aggiunto anche qualcosa sullo slow food, ma è meglio non dir nulla.
A me è piaciuta l’idea di riprendermi un po’ di tempo, un po’ di quel ritmo che sento mio natuarale e che invece spesso salta. Andando al lavoro ho fatto un po’ di foto invece di correre senza accorgermi di quello che mi circonda. Serviva una giornata da baci perugina? Magari no, ma è stato un buon inizio.
Un abbraccio virtuale
Miriam
Corretto punto di vista della giornata. Ma ce ne possono essere di diversi. Per me, ad esempio, la giornata della lentezza è una di quelle rare occasioni in cui le persone dovrebbero trovare uno spunto di riflessione sulla vita e sui suoi valori.
In un mondo che corre, a volte rallentare o addirittura fermarsi per chiedersi dove si sta andando lo vedo come un segno di intelligenza che invece pochi dimostrano di avere se è vero, come è vero, che la fretta e il continuo correre ha fatto sfuggire ai più il motivo della loro corsa.
Lentezza quindi non significa allora lavorare più lentamente, ma dedicare un pò più tempo ai motivi per cui lo si fa. Per scoprire quelli realmente importanti visto che spesso i motivi secondari per cui si corre, offuscano altri più importanti.
Almeno io vorrei che la giornata fosse vissuta con tale intento.