Negli stessi giorni in cui lo scoprivo, presa nella lettura di uno dei suoi libri più famosi, uno scrittore moriva. Io non lo sapevo. Sono stata molto in treno: tanto tempo per leggere, poco e niente per navigare e per postare.
Quindi è stato solo ieri sera tardi che ho scoperto che Ryszard Kapuscinski è morto martedì scorso in un ospedale di Varsavia.
Non avevo neanche ancora conosciuto la sua faccia, ma mi è immensamente dispiaciuto, come quando una persona se ne va all’improvviso e tu ti rendi conto che avresti voluto conoscerla meglio. Di uno scrittore però ci restano i suoi libri e io ho letto solo Ebano. Proseguirò quindi la conoscenza, al di là del tempo della vita di Kapuscinski su questa terra.
Il primo incontro è stato curioso. Qualche mese fa ho infatti letto Autoritratto di un reporter, furbesco pasticcio editoriale di quelli oggi tanto in voga: una serie di brevi brani estrapolati da tutti i suoi libri e rimessi in ordine in diversi capitoli. Un insieme davvero sconnesso e traballante, che non gli rende minimamente giustizia ma mi ha fatto intravedere cosa potesse essere il “vero” Kapuscinski, la sua forza narrativa quando il testo non è ridotto a brandelli.
E così mi sono comprata Ebano, una serie dei suoi reportage sull’Africa, dagli anni ’50 a oggi. Un libro per il quale si potrebbero spendere mille aggettivi, ma alla fine l’unica cosa che pensi è che tutti dovrebbero leggerlo. Dai giornalisti che non sanno andare oltre gli stereotipi delle stragi tribali e degli occhi di un bambino affamato agli studenti (le poche pagine della Lezione sul Ruanda sono un’esemplare lezione di storia contemporanea), fino ai nostri politici, che soffrono spesso di comodi e personalissimi mal d’Africa.
Impossibile non pensare a un altro grande narratore di popoli, persone, terre e guerre: Tiziano Terzani.
La presenza di Terzani la senti forte in ogni pagina, la sua voce narrante è inconfondibile, ti sembra di vederlo ridere, imprecare e strizzarti l’occhio mentre leggi. Vedi, e al tempo stesso dell’autore vivi in diretta pensieri, passione, cuore, giudizi e ironia.
Kapuscinski è diverso. Di Terzani ha la stessa profondità di cultura e di studio, la stessa curiosità verso l’essere umano che è come te ma vive in luoghi e condizioni tanto diverse dalle tue, la stessa pazienza di viaggiatore senza limiti di tempo, capace di lasciarsi sorprendere ogni giorno da ciò che succede.
Ma è capace anche di scomparire, di diventare in qualche momento solo un occhio che ti guida: dall’immensità tutta uguale del deserto al particolare di due fari che bucano la notte come gli occhi infuocati di un animale misterioso.
Persino le imboscate, i momenti in cui si sfiora la morte o si assiste alla morte vengono raccontati senza enfasi, quasi con distacco.
Distacco verso di sé e le proprie emozioni, ma un coinvolgimento sottile e profondo verso gli esseri umani che incontra lungo la strada. Persone raccontate una per una, con la loro piccola storia, il loro nome, la loro età. Quelle persone in cammino che le telecamere riprendono sempre in massa, e quelle che le telecamere non riprenderanno mai perché troppo lontane, fuori dal mondo. Come quelle delle montagne dell’Etiopia centrale:
“Sono montagne di roccia erosa, color del bronzo e del rame, dalle cime così lisce e piatte che potrebbero servire da aeroporti naturali. Sorvolandole in aereo vi si scorgono casupole di argilla senz’acqua né luce. Viene istintivo chiedersi come faccia la gente a starci, di che viva, che cosa mangi e come mai si trovi lì. Nelle ore meridiane la terra vi raggiunge temperature da altoforno, brucia i piedi, riduce tutto in cenere. Chi ha condannato degli esseri umani a quell’atroce esilio sotto le nuvole? E perché, per quali colpe? Non ho mai avuto l’occasione di arrampicarmi fino a quei borghi sperduti per cercare risposta, né qui sull’altopiano ho mai trovato qualcuno in grado di dirmi qualcosa di quella gente: ne ignoravano perfino l’esistenza. Quei disgraziati sotto le nuvole vegetavano ai margini dell’umanità, nascevano all’insaputa di tutti e sparivano, presumo precocemente, anonimi e sconosciuti.”
“Se uno vuole ricordare, allora ha bisogno dell’immagine; se uno invece vuole capire, allora ha bisogno della parola, della scrittura.”
Susan Sontag
Ciao Luisa, bellissima riflessione. Ho ricevuto alcune mail dalla Polonia… questo per darti l’idea quanto questi due uomini fosse “legati” dai rispettivi lettori. Ho raccolto un po’ di link, eccoli qua:
http://tizianoterzani.forumfree.net/?t=13864155&st=0#entry129119837
àlen loreti, http://www.tizianoterzani.com
Grazie, Alen.
Sono link preziosissimi per approfondire Kapuscinsky, e grazie di avermi fatto tornare sul sito di Tiziano Terzani.
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Luisa
So excited I found this article as it made things much qurciek!