Quando scriviamo per un’organizzazione, pubblica o privata, stiamo sempre più attenti a non usare parole negative. Io per prima.
Ma oggi ho sperimentato direttamente quanto gli eufemismi possano rivelarsi dei boomerang e quanto, anche qui, sia spesso meglio essere espliciti e onesti, usando le parole giuste e precise – quelle di tutti i giorni – invece di improbabili sinonimi.
La situazione: il telefono fisso dei miei genitori isolato da giorni e giorni e io che chiamo in continuazione il call center dell’operatore telefonico per capirci qualcosa.
Già trovare sul sito il numero telefonico giusto è un’impresa: nella mia suprema ingenuità di utente cerco la magica parola “guasto”, parola precisa ma ahimé troppo brutta per essere usata nel magico mondo della comunicazione nell’anno 2006. Guasti saranno i denti, le mele… ma mai una linea telefonica.
Quello che è successo e che non si risolve da giorni è un “inconveniente”.
La parola regna incontrastata in tutte le mille telefonate tra me e le signorine del call center.
Spazientita, a un certo punto faccio notare che forse si tratta di qualcosa di più di un inconveniente.
A questo punto, si spazientisce anche la signorina: “Signora, lo chiami come vuole… lo chiami… problematica!”
Giusto! E’ importante farsi capire…molto istruttivo questo blog e soprattutto…utile!
Mi piacerebbe, un giorno, fare la giornalista….chissà, magari leggendo questo blog migliorerò il mio modo di scrivere!
Luna
Ah, problematica! Problematica, la sorella gemella di tematica, le Kessler della vacuità!
povera signorina a tal punto indottrinata da non immaginarsi altri mondi..
Io avrei detto:
“Mi(**** lo chiami come vuole, ma me la riattivi la linea però!
Un saluto 🙂
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