Sono riuscita a scrivere poco in questi giorni, non per mancanza di idee, ma di tempo.
Anzi, di idee me ne sono venute fin troppe. E non per merito mio, ma perché ispirata da letture notevoli.
Ho passato un bel po’ di ore in treno e sono quindi riuscita a leggere con calma e per intero due libri splendidi, che parlando di blog, social media e web.2 mi hanno inchiodata come un romanzo.
Sono The Corporate Blogging Book di Debbie Weil e il famoso Naked Conversations di Robert Scoble e Shel Israel. Due letture preziose per chi si occupa di comunicazione e desidera capire cosa sta davvero succedendo in questo mondo che diventa sempre più piatto, in cui le organizzazioni sembrano perdere terreno, gli individui acquistarne. Oppure in cui le organizzazioni riprendono terreno quando si accorgono di essere fatte soprattutto di individui.
In rete trovate siti, recensioni, capitoli di assaggio per farvi un’idea del loro contenuto.
Quello che mi ha davvero affascinata è stata un’altra cosa: come erano scritti e perché mi avvincevano in quel modo, anche se ero stanca morta. Finivo un capitolo e non riuscivo a non abbordare il seguente.
Un po’ come mi sta succedendo in queste sere in cui non posso fare a meno di passare un quarto d’ora nella New York di inizio secolo insieme ai ragazzini Vita e Diamante del romanzo di Melania Mazzucco, e come mi è successo il mese scorso in cui ho riletto i racconti di Cechov. Non vedevo l’ora di trasferirmi in una spiaggia della Crimea in autunno, dietro a una signora solitaria con un cagnolino o in un reparto psichiatrico di un misero ospedale della provincia russa. La letteratura è la mia Second Life.
Io che spesso sono così insofferente verso i libri di comunicazione di taglio anglosassone, fatti a punti e a ricette, mi sono inchinata di fronte a due libri scritti nella migliore tradizione del giornalismo e della divulgazione anglosassone.
Il tono: quello realmente “conversational” che così spesso invochiamo quando parliamo della scrittura online e che in realtà così poco spesso incontriamo. Un tono caldo, diretto, pieno di senso dell’umorismo, ma ricco nel lessico, così vario e ritmico nella sintassi, che ti sembra di sentire una voce e di vedere un volto che racconta.
Il taglio: una serie di storie vere, una galleria di situazioni e di immagini, persone che incontri una dietro l’altra e nelle cui storie personali leggi i cambiamenti che stanno rivoluzionando il mondo.
Bellissima, in Naked Conversations, la storia dell’incontro di Hugh MacLeod e Thomas Mahon, entrambi sconsolati e in crisi al bancone di un bar londinese.
L’uno pubblicitario deluso e disoccupato, appassionato di web e autore di un blog singolare. L’altro raffinatissimo sarto di vestiti da uomo troppo costosi. Uno racconta all’altro le possibilità del web, l’altro gli svela i segreti dell’arte sartoriale.
Hugh propone a Thomas di scrivere quei segreti in un blog, e si impegna a svelargli a sua volta i segreti del web. Nasce così English Cut, che fa la fortuna di entrambi.
Nel giro di un anno Thomas è un sarto famoso, richiesto in tutto il mondo, Hugh un consulente di micro global brand (cioè come diventare un brand globale, anche se sei una persona sola, che però sa fare qualcosa di raro e speciale), oltre che uno dei blogger più famosi con i disegni del suo Gapingvoid.
Lo storytelling è tutto qui: saper raccontare delle belle storie anche quando si parla di tecnologie e di economia.
Mi ricordo di quando, qualche mese fa, ho letto The world is flat di Thomas L. Friedman. L’entusiasmo fiducioso nella tecnologia per risolvere i problemi del mondo qualche volta faceva sorridere, ma le decine e decine di storie che costituivano il libro erano bellissime. Indimenticabile il capitolo sui call center, in cui c’erano due intere pagine di sole voci di addetti che parlavano con tutto il mondo in una notte indiana. Niente altro, ma ti faceva “vedere” il mondo che sta cambiando sotto i nostri occhi.
Io ho fatto la tesi sul corporate blogging, anche se mi sono laureato in Filosofia!
Ho perso di vista un po’ le pubblicazioni sull’argomento perché, era ora, mi sto guadagnando da vivere da solo e fin quando non mi pagheranno per far queste cose, tra l’impiego porta pane, il secondo impiego porta pane, il sonno e le faccende di casa, non potrò rientrare!
Adesso però piano piano mi sto rinfiltrando nella comunicazione partecipata e sto cominciando -anche- da te 🙂
Li comprerò appena posso!
Oh più dialogante di così non posso!