Nei pochi blog dedicati al copywriting sul web, in questi giorni si fa un gran parlare di titoli, microcontent fondamentale sulla rete e fuori.
Sulla loro importanza, c’è poco da discutere. E’ in assoluto la prima cosa che vediamo in un testo, e ha la capacità di lasciarci indifferenti, respingerci o spingerci alla lettura. Ciò di cui si discute è invece: come scrivere titoli compelling, magnetic, great, magic?
Le ricette sono moltissime e i quesiti spesso hanno la sostanza della lana caprina. Stamattina ho letto un’intervista a Nick Usborne, autore di Net Words, il quale sosteneva che un buon titolo va scritto sempre per ultimo, dopo aver completato il testo (di un articolo, un white paper, un post).
Subito dopo, Copyblogger – un blog che in pochi mesi è diventato una specie di bibbia per i copywriter, almeno a giudicare dal numero dei commenti – mi proponeva una intera serie dedicata al titolo perfetto, How to write magnetic headlines, in cui consigliava esattamente il contrario: simply take that basic idea and craft a killer headline before you write one single word of the body content.
Il resto della serie offriva altri killer tips, tanto per usare il linguaggio del Copyblogger: usare nel titolo parole significative per i motori di ricerca, scartabellare repertori di titoli vincenti, evidenziare nel titolo il benefit/vantaggio illustrato, usare numeri e liste (10 modi per risparmiare godendosi la vita, 5 tipologie di investitori: in quale ti riconosci? un ebook gratuito sulle 3 migliori tecniche per tagliare l’erba del vostro prato), essere chiari ed evitare giochi di parole, studiare i grandi titolatori e fare come loro + l’analisi di un grande titolo, suo of course. Indovinate quale? Why Some People Almost Always Write Great Post Titles. Beato lui.
Scrivere titoli è forse la cosa che più mi diverte quando scrivo i post di questo blog, ma considero quella riga in bold un grandissimo spazio di libertà. Per me che scrivo, e per chi deciderà, forse, di leggere quel post.
Nei titoli, sono tutta dalla parte degli umani e non dei motori.
E quindi mi piace scrivere per chi ha immaginazione, gusto per i ritmi e i suoni, senso dell’umorismo, desiderio di scoperta.
E quindi – ora che ci penso – cancello il primo titolo di questo post Blog: la fucina dei titoli e ce ne metto un altro, in cui non c’è nemmeno una parola per i motori di ricerca.
Condivido con te l’esperienza gratificante di scrivere un titolo che piaccia.
Quello che è difficile è il contenuto.
Gianluca
E’ più semplice un titolo di un contenuto.
Il secondo titolo è una scelta felicissima, Luisa. Comunque hanno ragione tutti e due, i signori che citi: il titolo può essere scritto prima, o dopo aver scritto l’articolo. Dipende da noi. Ma non ci sono regole se non quelle dell’esercizio creativo. I titoli migliori sono fulminei, non importa il prima, dopo o…durante!
Un caro abbraccio
Thanks for helping me to see things in a dinfreeft light.
Sempre bravissima, Luisa, anche nell’andare controcorrente, rilanciando un po’ di sana “anarchia” latina: spesso risulta creativamente assai più produttiva di quell’ossessione per le regole e gli schemi, tipicamente anglosassone.
Con simpatia. 🙂
Zoe
Non è detto che tutte le menti capaci di godere dei tuoi giochi creativi di parole siano capaci di raggiungere questo spazio facilmente, purtroppo… allora si potrebbero affiancare le due metodologie. Magari storcendo un po’ il naso?
A me piace scrivere un titolo dopo aver finito di scrivere un pezzo…allora riesco ad essere più creativo.
Corrado