I francesi, nella loro ossessione di protezionismo linguistico, hanno istituito una apposita Commission générale de terminologie et de néologie, che mese per mese stila una lista dei termini stranieri (vedi inglesi), con la loro brava traduzione, ordinati per settori.
Gli esiti sono spesso buffi e comunque quasi sempre parole efficaci e brevissime vengono sostituite con espressioni lunghe e complicate.
Così podcast diventa diffusion pour baladeur, letteralmente “trasmissione per walkman”, e siccome non si può dire nemmeno walkman, allora il tutto diventa più o meno “trasmissione per apparecchio da sentire mentre si cammina” o “da ascolto portatile”.
Solo in un caso il francese mi sembra molto più efficace dell’inglese: il post dei blog è billet. Semplicemente biglietto.
E forse è bene non scordare che ci rimette, almeno nel Paese dei nostri cugini, la scienza che da tempo si avvale di quel linguaggio comune che è l’inglese (scientifico). Oggi si può lavorare nel campo scientifico in qualunque paese con la certezza che almeno i paper ed i documenti conterranno termini già conosciuti. Ma forse non in Francia.
La commissione opera da almeno vent’anni ed è riuscita ad affermare termini che altrimenti sarebbero rimasti “curiosità”, come logicielle.
In Italia, un osservatorio sui neologismi avrebbe dovuto curarlo la Crusca, ma i mezzi sono quelli che sono. Inoltre, il francese, a differenza dell’italiano, è rimasto una lingua veicolare, noi, in cinque anni, siamo riusciti anche a perdere la I di FIGS oltre che tutte le notorie 3I.
E viste le violenze che la nostra lingua subisce quotidianamente da parte di quelli che dovrebbero esserne gli alfieri (e che qualcun altro, meglio di me in passato ha con sagacia definito pennivendoli), non c’è da meravigliarsi se in tanti, troppi, pensano che sia corretto “anguria” e che “cocomero” sia volgare voce romanesca o, peggio, meridionale.
Luigi Muzii
Appendice al commento precedente.
Non è necessario essere protezionisti. Un osservatorio sui neologismi è fatto importante perché aiuta la conoscenza. Webster e OED di recente hanno aggiunto oltre 100 voci ai dizionari e gli archivi sono consultabili sempre e liberamente.
Quanto all’efficacia e alla brevità, queste non vanno sempre in coppia, anzi. Mouse si dice ratón in spagnolo, maus in tedesco, sourisse in francese; noi abbiamo avuto paura di chiamarlo topo perché, molto “mascolinamente” (e ipocritamente, molto tipico) abbiamo pensato di tutelare le segretarie che avrebbero potuto restare schifate dal dover prendere in mano un sorcio. Così, oggi, capita spesso di leggere quale B.O in cui si ordinano “n mouses”.