Credo di aver letto tutti i libri di Tiziano Terzani, a partire da quella rivelazione che fu Un indovino mi disse, ormai molti anni fa. Ma ho indugiato parecchio prima di comprare e cominciare La fine è il mio inizio. Non so se per paura di un’operazione commerciale post-mortem o per non sciupare quello che per me è stato il vero congedo di Terzani, lo sguardo sull’Himalaya e sul mondo alla fine del suo ultimo giro di giostra.
Invece anche questa lunga e sofferta conversazione riserva delle sorprese. Nelle prime 100 pagine, la sua infanzia fiorentina e il rapporto con la scrittura.
Rapporto difficile, scrittura faticosa, soprattutto agli inizi. Giovane corrispondente di giornali prestigiosi quali Il Giorno e Der Spiegel, Terzani cincischiava per giorni con titoli e incipit, mentre i suoi colleghi scrivevano pezzi su pezzi.
Stupisce – oggi che le sue parole ci avvincono e ci hanno fatto conoscere tanto oriente e occidente – che lui si sentisse più storico e studioso che scrittore. Terzani poteva scrivere solo dopo aver letto, visto con i suoi occhi e riflettuto tanto. Tutto, fuorché la penna facile. Una penna che doveva prima nutrirsi di fatti e di idee.
“Il mio modo di operare è di leggere tanto, leggere tanta storia. Vedrai che la mia biblioteca è piena di libri sull’Indocina e la storia coloniale, perché era così che mi orientavo. Mi portavo dietro i libri o tornavo a casa e leggevo.
Il fatto di oggi lo devi mettere in un contesto o non capisci niente. Per questo prepararsi è importantissimo. Se non capisci la storia non capisci l’oggi. Se fai la cronaca racconti delle balle, racconti quello che vedi al microscopio quando invece ci vuole il cannocchiale. La formazione di un giornalista non è certo facile ed è per questo che sono contro tutte le scuole di giornalismo. Fanno il contrario di quello che dico io perchè ti insegnano le tecniche, ti insegnano come incominciare un pezzo, come finirlo bene, come mandarlo svelto. Ci vuole invece una preparazione eclettica e quella te la devi fare da solo con una cultura che viene dalla storia dall’economia e che non impari nella facoltà di giornalismo.”
eh si, è un mondo estremamente attento alla forma, alla tecnica..e a volte dimentica il contenuto, lo studio ,la preparazione…sembra sia sempre più importante far bella figura con gli altri che cercare di conoscere approfondire innanzitutto per se.
ma come sempre non si può generalizzare e tu ne sei l’esempio.
ciao e buon agosto
simonetta
mi piace molto quello che hai riportato del grande e mai abbastanza rimpianto terzani. Brava Luisa. Davvero brava. Nel mio blog sto pensando di fare uno spazio dedicato solo a lui…ora vediamo! la calca dei “grandi” è per fortuna maestosa. ma sono in via di estinzione, si parla per…passato remoto, al massimo prossimo.
p.s. posso limkarti al mio blog?
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