Tra le cose che il sito di Repubblica mette gratuitamente online c’è il supplemento Domenica.
Quasi sempre, vale la pena di sfogliarlo non tanto per i testi, quanto per le immagini.
È il caso anche del numero di oggi, con i disegni di Umberto Eco quando pensava, immaginava, e “vedeva” prima ancora di scriverli, i luoghi e i personaggi del Nome della rosa.
Un tema, quello del “disegno” dei testi, che non finisce di affascinarmi. Scrive Eco:
“Tutti pensano che il romanzo sia stato scritto al computer, o con la macchina da scrivere, in realtà la prima stesura fu fatta a penna. Però ricordo di aver passato un anno intero senza scrivere un rigo. Leggevo, facevo disegni, diagrammi, insomma inventavo un mondo. Ho disegnato centinaia di labirinti e di piante di abbazie, basandomi su altri disegni, e sui luoghi che visitavo.”
Anche se , da “medievista”, posso affermare che nel nome della rosa c’è più di uno svarione, da scrivente consiglio la lettura delle postille che Eco aggiunse (anche perché praticamente ritrovai quasi tutto quello che avevo pensato rispetto alla ipotetica stesura di un romanzo ambientato in un’altra epoca) e che immagino si possa ben accompagnare ai disegni ai quali ti riferisci tu. Per chi scrive più o meno per mestiere, è sempre affascinante sbirciare nella cassetta degli atttrezzi (come la chiama King) degli altri…
Mi rammenti La bustina di Minerva… Amo Eco, Il nome della Rosa soprattutto, un romanzo dalla scrittura poliedrica che mi ha completamente risucchiata e su cui ho lavorat alla mia tesi di laurea. cioa Mapi
Cito a memoria un giudizio di Grazia Cherchi su “Il nome della rosa”: un libro che più che a macchina pare scritto da una macchina. Mi ha fatto riflettere su questo romanzo che mi aveva affascinato.