Siccome so che tra i lettori di questo blog ci sono molti comunicatori pubblici, segnalo un articolo molto interessante e un po’ controcorrente sul branding delle amministrazioni, appena pubblicato dal sempre superbo Brandchannel: Branding in Public: Waste of Money?
“Ha senso – si chiede l’autore dell’articolo – investire tanti soldi in campagne di branding dove non si ‘vendono’ prodotti e servizi, non c’è la concorrenza e soprattutto dove si investono i soldi del contribuente? Non sarà più che altro un fatto di moda e di semplice scimmiottamento del settore privato? E quei soldi, non sarà meglio spenderli appunto in pubblici servizi?”
Un’operazione di branding o re-branding non è dotarsi di un bel logo + payoff e metterlo ovunque: è allineare un’intera organizzazione su nuovi valori, impresa difficilissima in una pubblica amministrazione.
L’invito è a distinguere tra campagne informative su temi importanti e dirette a specifici target, sulle quali è doveroso investire anche sul piano del brand, e operazioni di branding di interi ministeri e agenzie, costosissime e spesso meno efficaci:
“The more targeted the audience of a brand, the more chance it has of working. Departments and ministries should stick to simple, basic brands that act as umbrellas for more much stronger sub-brands. Public sector branding is about strong sub-brands. You focus your branding where you have defined audiences.”