Prima i giornalisti scrivevano i titoli per i lettori e per i caporedattori, ora li scrivono anche per Google. Ma Google non ama i giochi di parole, il senso dell’umorismo, le metafore, le allusioni. Va piuttosto dritto al sodo. Tutto questo, secondo un articolo del New York Times di qualche giorno fa – The boring headline is written for Google – si starebbe ripercuotendo sullo stile dei titoli di giornali online, sempre più brevi (40 battute max), sempre più secchi e concreti.
Interpellati dall’autorevole quotidiano, gli esperti si sono divisi: c’è chi invita i giornalisti a fregarsene dei motori e a scrivere solo per il lettore, continuando a usare anche la parte destra del loro cervello, e c’è invece chi sostiene che la tecnologia ha sempre influenzato lo stile del giornalismo, ora come nel passato. Tanto vale adeguarsi.
Basta pensare che il famoso modello della “piramide rovesciata”, che tutti sembriamo aver scoperto con il web, ha origine nella seconda metà dell’800: gli articoli di giornale si telegrafavano, i collegamenti erano precari, e i giornalisti si preoccupavano prima di tutto di fare in modo che le informazioni principali stessero nelle prime righe. Se il collegamento si interrempeva, la notizia sarebbe comunque arrivata.
In ogni caso, i giornali online si stanno lentamente adeguando. I giornalisti della BBC usano due registri diversi: in home page il titolo per attirare i lettori “umani”, nella pagina successiva dove si legge il testo dell’articolo, un titolo più sintetico, orientato ai motori.
In questo senso, cambiano anche i titoli delle sezioni dei giornali: “Real estate” diventa semplicemente “Homes”, il più sofisticato “Scene” diventa “Lifestyle”, la rubrica “Taste” della versione cartacea diventa “Food” in quella online.
PS Nel mio piccolo, ho adottato una consolante teoria, non so quanto valida. Se sono gli umani a digitare le parole chiave su Google, è meglio preoccuparsi di scrivere per loro, con un lessico umano appunto, piuttosto che rompersi la testa con gli algoritmi dei motori. E se sono sempre gli umani a linkare le tue pagine e a far salire la popularity del tuo sito, questa è un’ulteriore buona ragione per scrivere per loro.
Ciao Luisa, il search engine copywriting vive proprio in bilico tra scrivere per il lettore umano e scrivere per lo spider del motore di ricerca. Concordo con la tua ‘consolante teoria’ e aggiungo un’altra motivazione a favore dello scrivere per l’umano: una volta ottenuto il click dal motore di ricerca, è l’umano che invia una mail per richiedere informazioni, è l’umano che acquista un libro o un nuovo portatile, è l’umano che telefona per avere più informazioni, e così via. Insomma, è l’umano che può o meno generare il ritorno dell’investimento.
Quindi, proprio perchè mi occupo di marketing nei motori di ricerca, credo che sia utile ‘fare l’occhiolino’ al motore di ricerca ma tenere sempre in primo piano l’essere umano.
Miriam Bertoli
D’accordo con Miriam; aggiungo che è estremamente interessante verificare i termini che le persone scrivono quando cercano sui motori di ricerca. Molto spesso sono fuori da regole grammaticali, sintattiche, ecc. Con Google&Co. si parla un po’ come se fosse HAL, di Odissea 2001 memoria. Le richieste sono “casa vacanze Sardegna”, “auto km 0”, ecc.; volendo incrociare queste query, necessariamente occorre sintonizzarsi su questo linguaggio. Insomma, è come quando devo cambiare “registro” ogni volta che mando un SMS a mia figlia 😉
Ciao,
una piccola considerazione.
Proprio in questi giorni sto leggendo il libro “Business Writing. Scrivere nell’era di Internet” del famoso Alessandro Lucchini.
Un capitolo del libro consiglia di usare le parole corte, perchè sono più efficaci nella comunicazione.
E’ possibile che questo accorgimento aiuta a crescere la visibilità sui motori di ricerca?
Gianluca
“Parli tanto bene ma non ti sente nessuno. Ti sentono tutti ma dici sciocchezze.”
Ciao Luisa.
Concordo con quanto detto da Miriam precisando che gli editor CMS o di blogger più evoluti prevedono la modalità di inserire il titolo per i lettori e il titolo per i motori (tag Title) autonomamente.
Questa possibilità dovrebbe venire incontro agli obiettivi della comunicazione: fare arrivare il messaggio efficacemente.
Andrea Cappello
Mi chiedo se questo discorso non meriti una collocazione più ampia. E’ vero e accettabile che la lingua si trasforma, come sempre è stato, ma diamo un’occhiata a questo tipo di modifica che attualmente la lingua subisce,.legata all’uso di nuovi mezzi di comunicazione , ambito nel quale si inserisce questo discorso su linguaggio per umani e linguaggio per macchine.
Purtroppo ho la sensazione che il genere umano abbia un’insana predisposizione ad accettare di allinearsi sui livelli più bassi, quelli che costano meno fatica. Per far capire dove intendo arrivare cito Wittgenstein: “ i limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo.” Appunto.
Cerchiamo di capire a che cosa conduce l’impoverimento del linguaggio. La lingua italiana è ricca di sfumature, quindi ricca di emozioni, di perccezioni. Mi chiedo: che cosa si perde eliminando il congiuntivo? Credetemi. Non sono contraria all’evoluzione. Penso solo che le generazioni future abbiano il diritto ad un linguaggio pieno, adatto a tutte le potenzialità che il linguaggio ha nella comunicazione e nello sviluppo del pensiero. La soluzione; una scuola capace di esporre i ragazzi ad una lingua vera e ricca.
elisabetta