Attraverso uno di quegli itinerari strani e solo apparentemente casuali che solo internet sa regalarti ieri sono arrivata a delle bellissime parole. Sono di Giuseppe Cerone, autore di Zen.zip, un libro appena uscito di cui per ora ho letto solo l’introduzione di Tullio De Mauro.
Parlano, ancora di poesia, di concisione, di intuizione, e poi di giorni e di notti, di albe e tramonti.
Per parlarti dello zen, non c’è bisogno che ti faccia un trattato filosofico, poiché credo, come Polonio nell’Amleto, che “la concisione è l’anima della saggezza”. A cui vorrei aggiungere: “Se una cosa non si può spiegare in poche parole, è inutile cercare di spiegarla in molte”. Infatti poche frasi servono a volte a indicarci il cammino e a offrirci materia di pensiero più di interi volumi, ed è per questo che da sempre esiste la poesia (e mi riferisco soprattutto ai frammenti greci e agli haiku giapponesi); per questo vaste correnti filosofiche possono essere racchiuse in poche parole: piccoli semi trascendentali che contengono un mondo intero.
Un errore diffuso fa credere che il progresso consista anche nel coniare parole, salvo poi lasciarle decadere, inflazionate, come quasi tutti gli oggetti che ci circondano. Ma quante parole ci vorrebbero per spiegare “… ed è subito sera” di S.Quasimodo? E quante per chiarire che “non è possibile discendere due volte nello stesso fiume”? (Eraclito,535 a.C.). La verità è che non si può spiegare qualcosa che non si è già intuito e, se la si è intuita, perché spiegarla ? Shakespeare diceva che “discutere sul perché il giorno è giorno, la notte è notte, il tempo e tempo, non servirebbe che a sprecare il giorno, la notte e il tempo”.
Ecco pertanto la voglia di scrollarsi di dosso le sovrastrutture e le interferenze e andare all’origine, che è un altro presupposto zen. Altrimenti non è che una farsa: “Facciamo rumore,e crediamo di parlare; assumiamo espressioni, e crediamo di capirci” (T.S.Eliot). Per prima cosa, quindi, bisognerebbe uscire dalla logica dei presupposti e delle conclusioni: per questo, mia cara, lascia che introduca i miei argomenti come se fossero giorno e notte insieme, perché così è più probabile che ne nasca una sintesi, un’alba o un tramonto.
Condivido in pieno, Luisa:
le cose occupano meno posto delle parole.
Mi viene in mente un verso di una canzone (poesia?) di Guccini, che dice: “Vedi cara, è difficile spiegare, è difficile capire, se non hai capito già”
(con tutto quello che significa per chi, come me, di professione insegna…).
annalisa
Lo breve si bueno dos veces bueno, si malo menos malo.
Baltasar Gracián, secolo XVII
Meno si dice più si è bravi. Troppe parole non sono altro che inutili orpelli.
Carver insegna!