Chissà cosa oggi ha spinto il titolista dell’edizione online di Repubblica a ricorrere a una lingua sorella, eppure così lontana (difficile che i nostri giornalisti ormai azzecchino anche una pur facile pronuncia), come il francese.
Ma il francese, si sa, è lingua romantica, da chansonnier, e per dare notizia di un uomo morto di freddo nel cuore della notte sarà sembrata molto adatta ed elegante. Più del dilagante e asettico homeless, più del semplice senzatetto, infinitamente di più di barbone, parola che usiamo correntemente e senza problemi quando parliamo, ma che evidentemente temiamo di scrivere.
Barbone sa di nero, di grande e di sporco. Clochard suona bene, con quel suo richiamo a cloche, “campana” e quella fine sospesa, che lascia dietro di sé un’eco poetica.
In realtà le campane non c’entrano proprio niente, perché la parola deriva dal francese antico clocher, “zoppicare”, e con questo torniamo nel regno dei poveracci. Ma i giornalisti naturalmente non lo sanno.
non è che anche qui si tratta di un altro caso della terribile, nonché sempre più ridicola, correttezza politica? Barbone offende e clochard viene ritenuto un succedaneo accettabile, ma il giornalista avveduto utilizzerebbe “persona senza fissa dimora”, un’altra frase sciocca della famiglia dei “diversamente alti”, “operatori ecologici” e via dicendo.
Hey Luis
è vero che si leggono titoli (e articoli) che farebbero rabbrividire non dico Dante ,ma anche un onesto professore di provincia. Ma esistono anche molti giornalisti colti e preparati, che non farebbero mai determinati errori. La chiusura del tuo post è una bella offesa a tutta la categoria.