È strano come le città italiane si distinguano anche per la geografia e la morfologia dei loro negozi. Ieri ero a Trieste in un pomeriggio gelato, desiderosa di scaldarmi un po’. Ma i bar triestini sono così diversi da quelli romani, con i loro trionfi di tramezzini. Sono più scuri, più caldi e raccolti, e verso le 7 tutti celebravano il rito dell’aperitivo, con grandi bicchieri e con piccolissimi stuzzichini. E anche le pasticcerie sono diverse: al posto delle meridionalissime paste, molte più praline, come tante perle di tutti i colori. E diverse le enoteche, dove ai banconi ho finalmente trovato il magico equilibrio tra vino e cibo, solitudine e socialità.
Ma la vera differenza l’ho misurata ai banconi di una libreria. Una libreria molto ma molto più piccola di quelle metropolitane, veri supermercati tutti uguali, ai quali mi sono ormai abituata.
Se la libreria Minerva di Trieste mi è sembrata molto più grande e ricca dei supermercati romani, il merito è proprio di quei quattro o cinque banconi “a tema”, in cui i libri erano scelti e accostati solo in base alle preferenze del libraio, non certo alle classifiche, alle presenze o promozioni televisive, ai premi letterari, all’ultimo “grande giovane scrittore di turno”.
C’erano classici insieme ad autori sconosciuti, libri grandi e piccolissimi, persino strane e introvabili collane di case editrici famose. Tanta diversità, eppure tutto aveva un suo senso, un suo svolgimento.
Mentre esploravo i sorprendenti banconi, il librario spostava e inseriva pensoso altri libri nelle vetrine, inventando per i suoi clienti nuovi percorsi letterari. Poi si è spostato alla cassa, commentando gli acquisti di un signore e illustrando le attività della libreria. “Venga, domani. Presentiamo la guida di Sarajevo” gli ha detto porgendogli “la borsetta” dei libri.
Anche io voglio un libraio così, voglio il mio libraio. Anzi, voglio essere io il mio libraio!
Ciao
Alessia
e tu non ci hai comprato nulla?
Ma no… anche a Roma c’è qualche bella libreria.
Feltrinelli o Mel sono bazaar, con mucchi di libri (bestseller): questo è innegabile, e triste.
Però ci sono librerie piccole che meritano apprezzamento (e che uno ci faccia acquisti, perché altrimenti chiudono 😉
C’è Croce, a C.so Vittorio, c’è la piccola libreria del viaggiatore, a V. del pellegrino…
Andrea
Ho provato la stessa sensazione che mi descrivi,l’ho notato più che con i libri,con i negozi di musica.
Entrando in un piccolo negozio di musica ti accorgi subito che è completamente diverso dai modernissimi e fornitissimi “Messaggerie Musicali” e “Ricordi”.Piccoli,confortevoli,rassicuranti e direttamente gestiti dal solo padrone che cataloga e conosce tutto “personalmente”.
Risulta ridicolo,ma reale,il fatto che in un negozio piccolo hai molto di + la “percezione” delle cose che ti circondano così da poter scegliere con maggiore cognizione di causa,ed uscire molto più soddisfatto con il tuo cd (o alla fine anche libro volendo) in mano.
Sono vissuta a Trieste per 5 anni e quella era proprio la mia libreria preferita! Che bello vedere che hai notato le stesse cose che piacevano a me! Tra qualche settimana ci ritornerò (per la Barcolana) e non vedo l’ora di entrare di nuovo in quel luogo per me pieno di magia. Paula
Uno dei miei ex studenti triestini e’ piombato (via messenger) con il carico d’emozione generata dal tuo scritto. Abbiamo gioito del piacere di questa condivisione che per noi, Milanesi di adozione, suona come autentica nostalgia.
il nostro grazie
Rita e Francesco (…che pero’ non sa d’essere citato in causa 😉