Un lungo e bianco braccio di donna, una mano da elegante uccello rapace, un mazzo di crisantemi, un giallo vaso vuoto, due piccoli cavalieri che difficilmente si distinguono in questo strano ambiente di pennellate guizzanti dove nulla è intero. Mi è sembrato il futurismo versione Belle Epoque: fiori recisi ma ancora vivi al posto delle automobili e dei tram e visioni simultanee di salotti borghesi, nudi di donna, paesaggi di solitari galoppi. Era invece il primo quadro della mostra romana dedicata a Giovanni Boldini, l’artista piccolo e tarchiato che seduceva e dipingeva donne dalle braccia e dai colli lunghissimi e dai corpi torti in avvitamenti impossibili.
È il Boldini ritrattista dell’alta società europea tra Ottocento e Novecento, quello più conosciuto, cui dobbiamo l’immagine più famosa di Giuseppe Verdi, il pastello dagli occhi penetranti eseguito in sole tre ore.
Credevo di conoscerlo bene, ma il Boldini con cui ho passato due ore faccia a faccia oggi pomeriggio mi ha riservato più di una sorpresa. Sorprese come quelle che nessun libro, nessuna perfetta stampa digitale ti può mai concedere. Devi trovarti davanti alla materia e alle dimensioni reali, allo spessore visibile delle pennellate.
Il melomane che dipingeva così volentieri i musicisti creava lui stesso sinfonie a tema. Con il solo colore, uno per ogni quadro, dominante su tutti. Sinfonie di rosa leggero e tenue come cipria, di champagne, di rosso, ma soprattutto di bianco abbagliante e di nero vellutato. Il colore, “quel colore” impregna di sé volti, vestiti, braccia, tappezzeria, porte e tavolini. L’ambiente scompare, in un vuoto aperto in tutte le direzioni per fare spazio alle donne che ti guardano fisso.
L’artista apparentemente così legato a un epoca e a un ambiente – l’alta società a cavallo tra i due secoli – è capace di ricordarti la malinconia di uno sguardo di Velasquez, le forme simultanee di Balla e Boccioni ambientate in un salotto, l’action painting di Pollock quando una coppia che danza diventa un groviglio di pennellate senza forma ma pieno di ritmo. E di raccontarti Parigi di giorno descrivendoti ogni particolare di una strada affollata, come di notte, in una sintesi di nero in cui distingui solo le sagome di grandi cavalli e una piccola luna lucente moltiplicata in tanti riflessi.
Le donne di Boldini sono fasciate di seta, coronate da enormi cappelli, confuse di piume che quasi sembrano uccelli. Ma qualche volta sono nude e abbandonate, e allora non ti guardano più trionfanti, ma sembrano guardare solo dentro di sé.
Ciao Luisa,ti ho scritto una mail. Su consiglio del tuo sito ho aperto un blog su splinder,e anche io oggi ho scritto un articolo su Boldini,sono una principiante,ma mi ha fatto ridere andare sul tuo blog e trovare..”lo stesso articolo”.Allora chi lo ha scritto prima?beh..non importa.
Ho visto la mostra di Boldini e mi è piaciuta tantissimo!magari ti mando un’altra mail.non so,cmq l’ho scritta con un altro indirizzo,di hotmail.
Spero di riuscire a contattarti.Giulia.
Ti ho scritto una seconda mail all’indirizzo che c’è sul tuo sito.
Questa volta da un altro indirizzo.
Spero avrai tempo di leggerla.Giulia.