
Domenica mattina Torino era deserta, assolata e silenziosa. Con i suoi portici profondi, sembrava una città metafisica. Lo scenario adatto per il mio primo e inaspettato incontro, che non è stato affatto con i libri, bensì con un pittore metafisico, Filippo De Pisis.
I grandi manifesti della mostra che si tiene alla GAM- una conchiglia gigantesca su una spiaggia deserta – mi hanno accompagnata dall’aeroporto al centro della città: oltre 100 dipinti di un pittore che ho sempre amato molto, conservati in gran parte nel chiuso di case e collezioni private. Mi sono trovata di fronte alla GAM quasi senza accorgermene e mi sono infilata nelle sale bianche dove mille oggetti mi hanno parlato per almeno un paio d’ore.
Pittore di oggetti, collezionista di cose, assemblatore di misteriose nature morte, Filippo De Pisis. Cose in spiaggia sotto cieli tempestosi, su tavoli sghembi che sembrano aprirsi in tutte le direzioni, stipate in un negozio parigino di bibelot, nello studio di un entomologo. Il suo repertorio è ben diverso da quello delle piazze di De Chirico: pesci di tutte le varietà, uccelli, fagiani, sigarette, quadri nei quadri, farfalle, ma soprattutto fiori, fiori, fiori in mazzi che esplodono di colori come fuochi d’artificio o piuttosto emozioni nel cuore. Oppure isolati nella notte, come una farfalla e una poltrona azzurra. Tante cose che sono lì a rappresentarne una sola, il grande assente: il corpo.

Per questo, credo, in quelle sale silenziose sentivo intorno a me tanto strazio. Grida ed emozioni trattenute. Come in Montale, che definì la pittura di De Pisis “quella pittura a zampa di mosca”, gli oggetti e la natura parlano unicamente il linguaggio delle inquietudini e del dolore umano. Non quello esistenziale, comune a tutti, come nelle nature morte del Seicento, ma quello privato, individuale, vero, percepito giorno per giorno sulla propria carne. Lo dicono alcuni titoli: “Bottiglia tragica”, “Gladiolo fulminato”. Lo dice la materia, rilevata, stesa a tocchi, così corporea che la accarezzeresti per placarla, ti avvicineresti per sentirne la voce.
Solo alla fine della mostra, il corpo appare. In due piccole sale, la produzione più privata e più minuta è una galleria di disegni di ragazzi, di corpi esili e fragili abbandonati su un letto, solo i calzini infilati, quasi tutti senza volto. Quando sono interi, lo sono sotto mentite spoglie: Isacco, San Sebastiano, uno sconosciuto marinaretto.
PS Una mostra straordinaria, con una introduzione poco generosa, che denuncia ancora una volta la difficoltà di fare una buona divulgazione all’interno di un museo. Solo tre striminzite colonnine di testo fitto fitto, la vita del pittore scandita anno per anno, come nella pagina di un’enciclopedia vecchio stile.
Ma il muro di un museo non è un libro, non lo si legge in poltrona, lo si legge in piedi, con delle aspettative diverse da quelle di chi fa una ricerca in biblioteca. E la vita di un pittore è importante, ma le tappe di un itinerario artistico non sono necessariamente quelle dei traslochi di città in città.
Gli itinerari e le geografie da esplorare e da raccontare sarebbero state ben altre. Invece i quadri erano raggruppati con titoli generici (“La libertà fantastica”, o misteriosi per il visitatore normale (“Sublime”), oppure di ingiustificata e un po’ ipocrita pruderie (“Il dolce erotismo”).
È vero che gli “apparati didattici” possono essere molto pesanti all’interno delle sale, soprattutto nel caso di una produzione così poetica come quella di De Pisis, ma ci sono oggi mille altre intelligenti soluzioni per preservare l’incanto senza rinunciare all’impegno di informare, far capire, raccontare.
fai venire voglia di andare a Torino, anche se De Pisis non è il mio pittore preferito (e non rientra neanche tra quelli molto amati…). comunque ho comprato il libro “La magia della scrittura” e, anche se ancora non ho avuto il tempo di leggerlo, me lo porto nello zaino e lo guardo con amore, perché il solo fatto che parli di PNL (una mia passione, che mi ha spinto fino a Milano per due anni ogni weekend a seguire un master) e di scrittura (che è la mia vita e il mio pane, ormai…) già solo questo me lo fa amare!
grazie per le mille suggestioni…
francesca
Ciao, ti è mai capitato di scrivere una sceneggiatura? Penso che sia l’ossatura di un film…a volte è solida e forte, a volte si sbriciola o è inesistente.
”Alla maniera di Filippo de Pisis nell’inviargli questo libro”
De Pisis, grida ed emozioni, Montale, inquietudini…
E poi il tuo contributo alla presentazione del libro La Magia della Scrittura.
Non solo scritto. C’ero, a Torino, e ti ho ascoltata, Luisa.
La tua intelligenza generosa, delicata, partecipe. Rara.
Hai la mia stima. Professionale e, soprattutto, umana.
Grazie.
annalisa