La donna dai capelli gialli di Picasso del Guggenheim Museum di New York la vedo dormire da giorni sul retro di quasi tutti gli autobus romani. Stai nel traffico, nervosa, e lei è sempre lì – come la bella addormentata – a contagiarti la sua tranquilla placidezza.
Stamattina l’ho vista “di persona” alla mostra Capolavori del Guggenheim che si tiene alle Scuderie del Quirinale. Mostra strana e apparentemente sfilacciata, come tutte le mostre in cui le opere non sono unite dal tema, ma dalla istituzione che presta i quadri. Nel caso di una famiglia di collezionisti, però, il filo c’è e in questo caso è la ricerca delle radici dell’arte moderna, di quelle avanguardie che non volevano più riprodurre il mondo, ma inventare sulla tela nuovi mondi, costruiti secondo le leggi dell’arte, non della verosimiglianza o della realtà. Indagandone al microscopio i meccanismi generativi come Klee, cercando il minimo comun denominatore delle forme come Mondrian, ascoltando le risonanze spirituali dei colori come Kandinsky.
Ma lui, Picasso, riesce sempre a sorprendenti con la chiarezza e l’evidenza del suo discorso, con la sua capacità di sintonizzarti immediatamente con la tragedia collettiva della guerra o con l’atmosfera intima di una stanza dove una donna sta dormendo. E dorme lei, la donna bionda, così verosimilmente mostruosa con il suo collo inesistente e le sue braccione gonfie, così profondamente vera con il suo viso a forma di uovo e le sue braccia che lo chiudono in un abbraccio, facendosi cuscino o gatto arrotolato.
Picasso dipinge un’icona del sonno tranquillo e dell’abbandono in un irrealistico trionfo di forme rotonde. Attinge al linguaggio primigenio e universale della forma, lo stesso della sorella preistorica che dorme al Museo Archeologico della Valletta. Scolpita nella pietra nel IV millennio avanti Cristo, anche lei con i suoi braccioni-cuscino, il suo corpo-uovo, una concreta stoffa a righe.
Vorrei scendere a Roma per vedere questa mostra e quella di Munch. Spero di non perderle. Ciao, Patrizia.
La Dea Dormiente di Malta è bellissima. E’ una statuetta minuscola, andatela a vedere, insieme alle altre piccole dee e grandi tempi di Malta e di Gozo
“[..] a contagiarti la sua tranquilla placidezza”?
Hai ragione, il verbo ‘contagiare’ è transitivo.
Giorgia