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risali negli anni

12 Marzo 2005

Radio Days

Un articolo di pochi giorni fa sul Poynter trattava un tema molto interessante: cosa possono imparare gli scrittori dagli atleti? Rispondeva una famosa giornalista sportiva.

Possono, devono, imparare il valore dell’allenamento, quello quotidiano. Magari poco, ma ogni giorno, con costanza. La giornalista confessa che se un giorno non ha da scrivere, va a fare una passeggiata, trova una persona dalla faccia interessante in un giardino o in metropolitana e ci scrive sopra almeno una cartella.

Possono, devono, imparare che si scrive con tutto il corpo, con le mani e con quel muscolo duttile ed elastico che è il nostro cervello. Quindi curare il corpo quanto la mente: una corsa all’aperto e una pratica yoga possono portare molte più idee e ispirazione di un cerebrale brainstorming.

Possono, devono, imparare che le performance migliori si ottengono sotto pressione, come in una gara. Con le scadenze addosso. E pure con la paura addosso. Paura di non farcela, di perdere, di produrre un testo mediocre.

Io ho imparato a scrivere davvero tra scadenze e paura, nella redazione radiofonica di un programma che andava in onda tutti i giorni e che ogni giorno affrontava un problema diverso, da studiare, digerire, elaborare, comunicare perché tutti potessero capire. Le condizioni erano quelle in cui oggi non potrei mai lavorare: una stanza poco illuminata, piena di gente che parlava e, cosa più detestabile, piena di fumo. In quella confusione scrivevo a mano o con la macchina da scrivere pestando sui tasti, con il  bianchetto accanto. Non c’era internet, né il “copia e incolla”: ogni frase che scrivevo doveva essere quella definitiva, tempo per ripensamenti non ce n’era. Era un incubo, ma è stata una scuola. L’incubo vero – oggi una nostalgia dolce – lo ebbi quando dovetti scrivere una decina di cartelle sull’immagine della madre nell’arte. Erano i primi di maggio – tempo di festa della mamma -, mio nonno era morto all’improvviso e tra viaggio e funerale non ebbi il tempo di prepararmi per tempo come al solito. Avevo solo tante idee e immagini nella testa. La mattina mi piantai davanti alla Lettera 32 e non mi alzai per ore: partii dalle “madri di Capua”, passai per le Madonne di Giotto, sfiorai Segantini ed arrivai a Henry Moore. Misi il punto alle 15,30, alle 17 andai in onda e sciorinai il mio testo con naturalezza. Testo che conservo gelosamente tuttora.

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5 risposte a “Radio Days”

  1. A proposito di allenamento a scrivere… qualche tempo fa, in un’intervista, il marito Sergio Castellitto rivelava che la moglie Margaret Mazzantini si tiene ogni giorno in allenamento di parole e pagine scritte, altrimenti come potrebbe poi scrivere lunghi romanzi?

    Va bè, non è la sola, ma è il pretesto per segnalare, della Mazzantini, il racconto ‘Come in uno specchio’ in ‘Le fate sapienti’, raccolta di racconti al femminile e che con la festa della donna, e con l’immagine della donna… nella vita, ci sta tutto.

    Ciao
    Alessia

  2. Non sono così sicuro che i risultati migliori nascano sotto pressione. Almeno non per tutti…E visto che il punto di partenza è il mondo dello sport, la dimostrazione che non è sempre così, la forniscono quei campioni che sono riusciti ad essere tali solo in determinati contesti, in cui non c’erano eccessive pressioni e tutto contribuiva a creare intorno a loro un clima di fiducia.

  3. In un certo senso ritengo che la fase “sotto pressione” sia estremamente importante. Penso che molti abbiano molte cose da scrivere, intendo buone idee, e magari anche le capacità tecniche per scriverle bene – le idee -, ma spesso ciò che manca è lo stimolo, il trasferire il pensiero su carta e in questo caso, una gara, una competizione o comunque una scadenza, ritengo sia di grande utilità. Per me lo è stato. Non che ora sia uno scrittore o che, però in ogni caso grazie ad un concorso ho scritto per la prima volta qualcosa di concreto e che mi soddisfacesse e che penso non avrei curato così tanto al di fuori del contesto del concorso. In ogni caso questa “pressione” mi ha permesso di vivere meglio l’esperienza di scrivere, come se avessi superato un blocco. Certo, ritengo comunque che la tranquillità sia molto importante.

    firmato
    Il Signor Carlo

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