Un paio di anni fa, una lista di discussione americana per scrittori professionali trattò per vari giorni un tema che mi interessò molto e sul quale ho poi sempre riflettuto: scrivere nei momenti difficili.
Come fare a concentrarsi sulla scrittura, a mettere insieme parole per vendere biscotti, attirare turisti verso isole tropicali, tessere le lodi di un profumo quando si è depressi, stanchi, abbandonati, delusi, preoccupati per la salute di chi ci sta a cuore.
Chi per professione scrive deve imparare a farlo anche in queste circostanze, superando l’angoscia, il blocco, il panico, sgombrando la mente, per far spazio alle parole.
Ho letto molte cose sulla capacità terapeutica della scrittura, sulla scrittura di sé, e ricevo molte lettere su questo tema. Ma quasi mai ritrovo la mia esperienza in quello che leggo. Ci ho ripensato in questi giorni, perché ho dovuto scrivere di cose profumate e leggere in ore di grande stanchezza e preoccupazione. Eppure dovevo farlo, e l’ho fatto. Non sono andata nel panico, perché tanti anni di consuetudine con le parole mi hanno insegnato che possono illuminare i momenti più bui e guidare piano piano fuori dal peggiori tunnel. Forse oggi non mi guadagnerei da vivere scrivendo se non avessi ricevuto la scrittura quasi come un dono alla fine di un periodo molto difficile. Non era un dono degli dei, naturalmente, ma la mia personale conquista di un mezzo espressivo che mi aveva permesso di mettere ordine dove regnava la confusione più totale. Nella mia mente e nella mia testa. Mi sembrò un dono perché me ne accorsi all’improvviso.
Non esisterebbe il MdS senza la mia insoddisfazione, e nemmeno questo blog, inaugurato in un pomeriggio di giugno disperato e caldissimo. Fare un blog mi sembrò un modo come un altro per arrivare alla sera. Solo dopo ci ho provato gusto ed è diventato un cantuccio confortante, di scrittura personale e leggera.
Eppure, la funzione terapeutica della scrittura non ha mai avuto per me i caratteri dello sfogo, del dilagare dei sentimenti e delle emozioni sulla pagina. Tutto al contrario.
Anche quando ho bagnato la tastiera di lacrime – anzi soprattutto allora – la calma e la rassicurazione mi sono sempre arrivate dalla “tenuta” del testo, dal suo ordine, dalla struttura che man mano riuscivo a dare.
Come tutti, anche io in certi momenti devo “buttare fuori”, pestare sui tasti con forza e quasi con rabbia, ma quello che mi conforta non è questo. E’ il vedere il testo prendere forma e ritmo mentre scrivo, disegnare immagini, giocare con le ripetizioni e con i parallelismi, sistemare le virgole, cercare la parola giusta. Meglio se su temi che nulla hanno a che fare con me e con la mia vita. Quando il testo è finito, chiuso, e metto il punto, anche la mia ansia si placa.
Essere riuscita a scrivere un testo denso, ma ordinato nella scansione, originale e leggero nello stile, che ha un senso non solo per me, ma soprattutto per chi lo leggerà, è come essere riuscita a mettere ordine nella mia testa e nel mio cuore, dipanando la matassa ingarbugliata dei ricordi, dei rimpianti, delle emozioni. Può essere un post come questo, una brochure aziendale, una pagina web… non importa. Può parlare di un software, di un libro, di un paio di calzettoni di lana, di una tisana di frutti di bosco.
A me parla soprattutto di me e della strada che anche questa volta sono riuscita a trovare.
Non sopporto quando leggo qualcosa che, parola dopo parola, mi fa venire in mente sempre di più: “Sono d’accordo”.
Per cui non sopporto questo post…
😉
Ciao Luisa.
Ancora un testo illluminante e prezioso, come una torcia quando va via la luce. Te ne sono grato. Ti leggo assiduamente se pure, fino ad ora, in modo anonimo. Oggi abbandono la trasparenza per dirti la mi stima. Un caro saluto. Graziano
Nulla accade per caso. Avevo bisogno di conforto senza saperlo. Di sapere come qualcun altro affronta i miei stessi problemi. Grazie. Di vero cuore. Simona.
A me capita anche leggendo…ti. Ciao, Guido.
Che dire…. questa mattina non avevo proprio voglia di affrontare un’ altra giornata da disoccupato e scrivere quel piccolo articolo che mi hanno richiesto, “non vale la pena, non cambia nulla per la mia situazione”, pensavo. Mi volevo crogiolare nel mio sconforto. Poi ho letto il tuo post e mi sono messo al lavoro. Grazie di cuore Luisa è la seconda volta che mi aiuti con le tue parole a provare, comunque, a “volare”.
Ciao, un saluto affettuoso e spero che il pensiero d’essere d’aiuto anche agli altri ti dia tanta forza in questi momenti difficili. Antonio.
Scrivere mette ordine e disordine. Confonde quello che c’è e porta alla luce forme nuove e sorprendenti. La scrittura mi piace, perché mi stupisce. Non so mai come va a finire!
è incredibile, ma questo blog è diventato un angolo silenzioso e confortevole, che mi parla delle cose giuste al momento giusto. grazie ancora. Francesca
“mettere ordine nella testa e nel cuore” ecco!pensare bene per saper scrivere, scrivere per imparare a pensare…
chubby
un abbraccio!
Mauro
vero…
la scrittura può anche diventare un modo per resistere alle storture della vita, per fare chiarezza su di sé, sciogliere dei nodi dolorosi.
Scrivere come respirare, quando imbocchi la strada giusta, facendoti largo sgomitando tra le parole, e il tuo cuore lo avverte, e ti capita di rabbrividirne.
Riappropriarti dei tuoi pensieri, a tal punto da plasmarli come più ti soddisfa, divertendoti!
E’ come sciogliere un rebus o trovare la soluzione di un enigma. Sarà per questo che a me spesso non riesce : )
Però è gratificante anche provarci, se non altro impari a non smarrirti quando quella che apri non è tanto una strada di panura quanto un varco, in una foresta…
grazie per questo post…
ciao
Orme Invisibili.
Scrivere per fare ordine?
E’ un’esperienza che sto vivendo attualmente.
Me ne ero già accorto da solo, ma qui ne ho trovato la conferma.
Non ho molta dimestichezza di “blog”, “chat”, però è talmente “vero per me” il contenuto di questo post che non potevo resistere dal lasciare un commento.
E’ un tentativo per “migliorarsi” e questa regola la sto “vivendo” anche adesso, mentre scrivo il commento.
Grazie
Spero che le ore di preoccupazione siano definitivamente trascorse e superate.
Ciao Gabry
Sono una utente recente di Internet, più per timidezza che altro; ma da quando ho finalmente iniziato a passeggiare per siti e per blog, MdS è rimasto sicuramente fra le cose meglio fatte che mi è capitato di leggere.
L’ho trovato utilissimo, pieno di esperienze personali, traboccante di desiderio di comunicare, di trasmettere agli altri la propria passione ed il proprio intenso vissuto. La caratteristica più gradevole della scrittura di L.C. è proprio la semplicità e la colloquialità del suo stile, sostanziato di una rara signorilità.
Con viva simpatia.
(megalo) Maria.
Mi sono ritrovata in molte delle tue parole e ringrazio qui l’amica che mi ha segnalato il tuo blog (grazie, Fede!). Sai che ho anch’io il link a Internazionale, Poesia.it e l’oroscopo di Internazionale (mitico) l’ho segnalato una volta in un post?
Ciao, ti leggerò con attenzione.
perfettamente d’accordo. anche se bisogna esser consci dei rischi “onanistici” dello scrivere. e sopratutto, distinguere tra scrivere e scrivere. io faccio il copywriter e parlo di profumi, isole tropicali, connessioni a banda larga e altro, e mi diverto a scrivere di ogni cosa, provandone piacere. ma lo “scrivere” può essere anche un bisogno primario per chi ha qualcosa di preciso da dire. hai qualcosa che devi, non puoi non tirare fuori. e allora diventa più importante quel qualcosa che hai da scrivere che lo scrivere in sè, inteso come forma, come esercizio, in ultima analisi, come masturbazione, se mi si passa il termine. E in ultima analisi, ritengo, sia meglio lo scrivere di qualcosa, che lo scrivere e basta. Il panorama desolante di autori “emergenti” contemporanei in italia mi pare lo dimosrti chiaramente.
Ciao Luisa.
Spero che i momenti difficili passino, ma voglio dirti grazie per quello che sai comunicarci in questi momenti…
Mc
E’ troppo vero. Pensare di “accollarti” problemi altrui, magari quelli di un morto a terra in una strada di periferia, di un disabile sfrattato; una qualsiasi vertenza, istanza, richiesta di qualcuno alle istituzioni, ad una azienda, al padreterno. Raccontare una storia straziante quando aspetti la telefonata di tuo fratello che speri ti dica “ok, è andata bene…”. Eppure si tira la carretta, si va avanti. Titolo occhiello sommario pezzo foto dida.
O ci si chiude nel mutismo repellente agli sguardi e alle domande dei colleghi (“Cos’hai oggi?” “Ma non stai bene?” “E’ successo qualcosa?”) o si parla, magari col compagno/a di sventura lavorativa. O si sta zitti e si cammina, si esce, scrive, riporta, domanda, fotografa. E la sera si scoppia. Tanti modi. Ma la scrittura non so se serve. O meglio, se serve, non me l’ha fatto mai capire. Come un buon amico, in fondo.
Sono convinto che le virtù terapeutiche si riescano a trovare in ciò che si ama.
splendido post
e complimenti per la tua strada!
Cara Luisa
Scrivere come leggere, aiuta a vivere, ti fa sentire meno sola, perchè sei in compagnia dei personaggi del libro che stai scrivendo o leggendo oppure se la scrittura è riferita al lavoro di copy, mi viene da pensare a chi leggerà la mia frase in quel caso mista alle mie frasi, sarà sicuramente un lavoro che suonerà diverso alle orecchie dei lettori.
Donatella Daini
Cara Luisa: rimango folgorato dalla poesia che questo pragmatico post porta; che altro dire, la bellezza delle parole ci regala tristezza e conforto, a volte nello stesso istante.
un saluto
Blas