Amy Gahran è una delle scrittrici professionali che apprezzo di più, e da più tempo.
Il suo Contentious aprì un po’ prima del Mestiere di Scrivere e mi fu utilissimo, un vero modello. A lungo, Amy ha scritto soprattutto di parole e contenuti. Poi c’è stato un lungo silenzio, prima di tornare con il suo ricchissimo blog, circa un anno fa.
Oggi ho sentito la sua voce in un file mp3 registrato da lei con dei consigli di scrittura. La voce è dolce e molto calda, ma ho trovato che non ci fosse davvero nessun valore aggiunto rispetto ai suoi testi. Forse il fatto di portarsi la voce in un lettore di mp3 e sentirselo in metropolitana per “ottimizzare” il viaggio? Io in metro preferisco guardarmi attorno o leggere, in questo rimango molto tradizionale.
Eppure, questa dei file audio sta diventando una mania, anche da parte di chi si occupa di scrittura e che quindi dovrebbe preferire proprio la parola scritta. A me piace moltissimo ascoltare poesie – ho tutta la Divina Commedia in cd, come pure la Spaziani, Borges, e altri poeti -, ma i saggi preferisco leggermeli e sottolinearmeli.
Così, sono tornata ai testi di Amy. L’ultimo è interessante e riguarda gli Aha moments, cioè i momenti in cui trovi la chiave giusta per il tuo testo, la metafora indovinata, un’immagine calzante, oppure la sequenza con la quale costruirai un testo complicato.
Io li chiamo “momenti magici” o “epifanie”, perché ti appare improvvisamente qualcosa che cercavi e che decide di venire verso di te o di salire da qualche profondità del tuo essere. Non sai da dove, come i sogni che ti ricordi la mattina: basta una piccola cosa e da lì – se ti fermi e ti concentri – risali a un’intera catena di immagini, pensieri, associazioni.
Come per i sogni, devi avere carta e penna a portata di mano, perché hai paura che tutto svanisca. Basta appuntarsi un concetto, delle parole chiave per essere sicuri che resteranno con te. In mancanza d’altro io lo faccio sui bordi dei giornali. Se non puoi scrivere, devi ripetere, parlare tra te e te, per fare tuo quello che ti è apparso.
Sono momenti belli, e liberatori. Perché sai che il grosso ormai è fatto: scrivere sarà solo la parte conclusiva di qualcosa che è già avvenuto e ormai ti appartiene.
Quasi mai questo succede davanti al foglio o al computer.
Quando viaggiavo a lungo in macchina per andare a lavorare, mi succedeva sempre sul Raccordo Anulare di Roma. Ero sola e potevo parlare tra me e me, completare concetti, cercare parole ad alta voce. Arrivavo in ufficio e annunciavo alle mie colleghe: “Stamattina sul Raccordo ho pensato che…”.
Oggi viaggio in metropolitana: tragitti più brevi, in mezzo alla folla. E quindi i momenti magici possono cogliermi ovunque.
Ma so che è inutile e controproducente cercare le parole davanti allo schermo. In mancanza di idee, meglio fare altro. Saranno loro a cercare noi.
com’è bello – e rassicurante, una volta tanto – riconoscersi in un’altra…
🙂
le epifanie, sì – o per dirla in un altro modo, le intermittenze del cuore, perché anche quando si scrive il più vieto redazionale, se si vuole, ci si può mettere il cuore
il mestiere di scrivere, il mestiere di vivere… talvolta si comprende che possono essere la stessa cosa, e una scoperta che non finisce mai…
chubby
Ci si sente il mondo dentro, si avverte un’energia fortissima e rassicurante, un battito accelerato del cuore quando si scopre che le proprie riflessioni sono universali e appartengono a tutti.
Ci si sente tutti e centomila.
Che bello.E che bello quello che scrivi.Un abbraccioGabry