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risali negli anni

7 Novembre 2004

Informati, connessi, veloci, terribilmente disattenti


Fermate il web: voglio scendere.
E’ il titolo dell’articolo di Jeremy Rifkin che l’Espresso pubblica questa settimana.
Un pezzo lucido e semplice, che pone una questione serissima: siamo connessi con tutto e con tutti, abbiamo a disposizione una quantità enorme di informazioni, possiamo fare parecchie cose alla volta, ma paradossalmente tutto questo mette in pericolo alcune nostre capacità cognitive ed emotive proprio ora che ci sarebbero più utili.

Il mondo interconnesso non crea nuovi pericoli solo per i nostri corpi e le nostre esistenze – il terrorismo, i virus biologici e tecnologici, il surriscaldamento terrestre -, ma anche per le nostre menti e le nostre coscienze.
Se possiamo navigare con quattro finestre del browser aperte e contemporaneamente telefonare e ascoltare musica, dove finisce l’attenzione focalizzata ed esclusiva che la soluzione di un problema comunque richiede? E a cosa serve essere connessi con mille persone se la nascita di empatia e consonanza tra persone esige da sempre lo stesso tempo per svilupparsi? Se gli stimoli diventano troppi, dove dirigeremo e fermeremo i nostri occhi?

Una società complessa richiede una capacità di attenzione e riflessione che per svilupparsi hanno bisogno anche del silenzio, di pause, di solitudine, di meditazione.
Siamo ben oltre l’information overload, secondo Rifkin, anzi andiamo verso una società affetta dalla sindrome di mancanza di attenzione.

“La questione, allora, è questa. Come poter creare, all’interno di un mondo collegato a livello globale da velocissimi mezzi di comunicazione, un secondo spazio in cui si possa imparare a vivere il tempo in modo profondo, in armonia con gli altri esseri umani, le altre creature e il mondo in cui tutti viviamo?” conclude Rifkin. Già, come?

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6 risposte a “Informati, connessi, veloci, terribilmente disattenti”

  1. Condivido pienamente l’attenzione sulla “mancanza di attenzione”. Ma il difetto sta negli uomini (e nelle donne), non certo nelle possibilità che ci offre oggi la tecnologia. Le persone distratte e superficiali ci sono sempre state e continueranno ad esserci. Poter fare più cose contemporaneamente è solo un vantaggio, scegliere di dedicare scarsa attenzione alle cose che ne meritano di più è una scelta sbagliata. Non credo serva un “secondo spazio”, ma semplicemente ricordare che lo studio, la riflessione, l’amicizia ecc. hanno bisogno di tempi non comprimibili. Ciao, Luisa

  2. Riflessioni che mi coinvolgono molto, specialmente negli ultimi tempi. Ho scritto proprio venerdì un post su questo argomento. Grazie per la segnalazione di Rifkin e per il tuo commento!

  3. Condivido pienamente le riflessioni di Rifkin, nonostante il *rincretinimento* delle nuove generazioni mi appaia poco inquadrato nel discorso sulla coscienza globale e l’assetto politico da raggiungere.
    Svolsi una ricerca sul concetto di tempo e sulle sue trasformazioni causate dalla tecnologia per analizzare una mia allarmante patologia dell’attenzione, in ambito lavorativo. Tra i libri che lessi vorrei segnalare l’acuto e appassionato “Tempo tiranno – Velocità e lentezza nell’era informatica” di Hylland Eriksen Thomas.

  4. Un dilemma che m’assilla da tempo… troppe cose, troppi stimoli e l’impressione di non avere più abbastaza tempo per soddisfarli tutti. Piccoli morsi di vita e cultura, ma la sensazione di fame permane. ciao

  5. Io invece credo che la disattenzione, di cui parla Rifkin, sia anche una straordinaria opportunità di liberazione.
    Con la “deriva degli argomenti”, e degli stimoli, cui il web ci provoca, siamo indotti, finalmente, a misurarci con la miseria delle cose con cui normalmente ci occupiamo. E’ una sorta di nichilismo, ma pratico, concreto. E questo percorso ci riporta, finalmente, alle poche cose veramente importanti, cui teniamo realmente – quelle da cui nessuna “deriva” può distoglierci.

  6. Per tentare di rispondere al quesito lasciato aperto da Rifkin potremmo far nostro quanto proposto da Bifo nel merito di una recensione del film “Lavorare con Lentezza”.
    Se avete tempo e voglia potete leggerne su marcop

    E su Repubblica.it oggi trovate anche indicazioni di varie ricerche scientifiche che rivalutano proprio la… lentezza!
    😉

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