“Questa frase ha cinque parole. Ecco qua altre cinque parole.
Le frasi di cinque parole sono piacevoli. Ma se troppe diventano monotone.
Ascolta che succede alle frasi. Il testo sta diventando piuttosto monotono.
E’ un suono che annoia. E’ come un disco rotto. L’orecchio chiede un po’ di varietà.
Ora ascoltate. Provo a cambiare la lunghezza delle frasi, per creare musica. Musica. Il testo canta. Prende ritmo, diventa una cantilena, un’armonia. Scrivo frasi brevi, Scrivo frasi di media lunghezza.
E qualche volta, quando sono certo che il lettore è tranquillo, lo trascino con una frase lunghissima, una frase che brucia di energia e si alza in un impeto di crescendo, un rullo di tambuti, un fragore di cembali — suoni che dicono “ascoltami!”, questo è l’importante.
Quindi scrivi la giusta combinazione di frasi corte, medie e lunghe.
Crea un suono che accarezzi l’orecchio di chi legge.
Non scrivere solo parole. Scrivi musica.”
Mi sono divertita a tradurre, ritmicamente, questo brano di Roy Peter Clark.
Un lavoro che non ha regole precise, da applicare alla lettera. La lunghezza delle frasi non può essere variata a caso: una lunga, una corta, una lunga, una media.
Il ritmo ha a che fare con le parole, ma anche con il contenuto che trasmettono, con l’effetto e le aspettative che vogliamo creare nel lettore.
Il ritmo ci aiuta a trasmettere contenuti noiosi, dare la sveglia in testi molto lunghi, fare una sorpresa, chiudere con una frase a effetto. Meglio se corta.
Il ritmo non si impara, ma scrivendo scrivendo affiniamo l’orecchio.
Solo due consigli, sperimentatissimi:
- preparare la scaletta, poi scrivere di corsa e di getto senza fermarsi mai, meglio se con la musica in cuffia: le parole inseguono i pensieri e diventano “voce”
- rileggere a voce alta, sempre, qualsiasi cosa. Alla prima nota stonata, fermarsi e ricominciare a comporre.
Scrivere e far sì che gli altri leggano e abbiano voglia di capire e seguire ciò che noi vogliamo comunicare in effetti è difficilissimo. Sopratutto quando ci si trova in un mondo sterminato come la Rete. E sono importanti sia il contenuto, sia l’espressione del pensiero, sia la lunchezza dei periodi e paragrafi. Ogni suggerimento è benvenuto per poter dire meglio “Io la penso in questo modo”.
Grazie per i suggerimenti, grazie per i link e grazie per il blog… Grazie da un’accanita lettrice che ama le parole, le ama in maniera appassionata, ma solo quando si susseguono – l’una dietro l’altra -creando una piacevole melodia…
cavolo. cavolo che bello sto blog. e anche sto post. eppure non c’ero ancora arrivato. al post. per dirla tutta, neanche al blog. adesso lo metto tra i preferiti. uha uha uha. mi sento frenato. ho paura di sbagliare lunghezza. e ritmo. ovviamente. mi hai reso zoppo. sempre meglio che gobbo. 🙂
io avrei consigliato solo di leggere a voce alta. Tutto: sia ciò che scriviamo sia ciò che è scritto da altri.
Fa bene anche per migliorare la punteggiatura.
Carinissima la traduzione del pezzo in alto.
🙂
Quello che ho sempre desiderato è riuscire a scrivere qualcosa di decente in un modo che non annoi chi mi legge, ma il risultato è sempre stato piuttosto scarso. Non vorrei farne un “mestiere”, quindi forse questo luogo non è particolarmente adatto, ma darò lo stesso un’occhiata, non si sa mai, magari trovo lo stesso qualcosa che mi dia una “mano”, grazie!
In fondo la metrica è un po’ il pentagramma delle parole! 🙂 Bax MJ
Scoop Giornalistico: la Professione, L’etica e la Morale
di Giacomo Monta na
Ci sono professioni che fanno vibrare di entusiasmo, questo perché ti riportano a quel grande sentimento che un tempo stimolava ed entusiasmava l’azione dei Padri, ma oggi il giornalismo non si fa così. Viene tutto filtrato, manipolato, in parte censurato. Il resto non viene neppure presentato e così via dicendo. Oggi la passione, lo slancio e il sacrificio delle imprese, nella impostazione e nella scelta degli argomenti, non può più tendere all’omaggio verso i valori tradizionali della missione del giornalista e del relativo potenziamento del suo vero talento. Il vero naturale e brillante professionista della carta stampata è completamente scomparso. Oggi lo Scoop viene ricercato di tipo facile, quello che serva a qualcuno e che non dispiaccia a molti. L’importante è documentare un fatto e più grave è, meglio è. Se per esempio viene segnalato alla Stampa un pericolo ove vi è a rischio l’incolumità di qualcuno, questo non viene assolutamente preso in considerazione. Ma se quel rischio causa un morto, allora come mosche sullo sterco, sono tutti attenti e all’opera per stilare un articolo. La sindrome della NON PREVENZIONE oggi è arrivata a contagiare anche i giornalisti. Tuttavia ciò accade non per colpa loro, ma per un sempre più marcio sistema, che lentamente col tempo e su questo sentiero non risparmierà nessuno. A quanto pare non importa più se il significato essenziale di un articolo non volge verso una profonda intonazione sociale ed etica, che aiuta, piace e avvince. Non interessano i momenti interminabili, fondamentali e tremendi della vicenda umana, né tanto meno l’angoscioso dramma di una vittima innocente di un’ingiustizia, di uno strapotere, di un delitto. E’ un florilegio di paradossi e di errori. Il buon senso a questo punto viene disintegrato dalla filosofia degli affari, sia economici che politici. E’ un modo di pensare che viene instillato ai giornalisti da chi ha il potere economico o politico. Ogni volta che però viene represso il buon senso a qualcuno, si uccide una parte di quella persona, di quel padre di famiglia, di quel professionista. Voi mi direte: “che significa reprimere il buon senso?” Significa accecare la coscienza, stordirla, ammutolirla, sopprimendo il potere interiore, in due parole, schiavizzando l’individuo. L’essere umano viene ridotto a merce da utilizzare a proprio piacimento. Il professionista viene trattato come un animale, da cui si deve trarre utilità, potere e profitto, anche se il prezzo che deve pagare sul piano umano e psicologico è enorme. Senza entrare oltre nel merito di questa questione e contestualmente ai probabili relativi danni alla salute che nel tempo potrebbero verificarsi, ricordo solo la necessità di dovere sapere e di considerare l’uomo e i suoi disagi, come prodotto trasformato dalla organizzazione sociale nella quale viene inserito. Chiunque abbia compreso voglia comprendere con rigore ed empatia a che livello decadente di società siamo approdati, inoltrandosi nel campo delle relazioni di aiuto e di ripristino della vera umanità, sempre più calpestata e danneggiata dal profitto sfrenato e criminale. Sono dell’idea che persone divenute gravi vittime dell’arroganza del potere, debbano avere voce e che non è ammissibile sotto ogni profilo mantenere di nascosto sempre più danneggiata, emarginata e umiliata una vittima del crimine.
Chi volesse vedere un esempio di che cosa si arriva mostruosamente a censurare per oltre un decennio dalla Stampa, legga e veda le prove documentali dei crimini impuniti ai danni di una donna innocente dipendente della Pubblica Amministrazione: un ospedale. Per constatare di persona visiti i sottostanti links.
http://sisu.leonardo.it
http://www.mobbing-sisu.com/cronaca_documentata_asl.php
http://www.mobbing-sisu.com/cronaca_documentata.php
Cordiali saluti. Giacomo
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