Dalle esperienze di formazione intense si esce sempre un po’ spossati nel fisico e un po’ più ricchi e aperti nella mente.
È così che mi sono sentita dopo il laboratorio di scrittura di venerdì e sabato scorso. Laboratorio che mi ha lasciato una bella scia di idee, di temi da approfondire, di parole nuove da scoprire. Nonché, ovviamente, di emozioni da decantare.
Una parola: cluster, ovvero come organizzare (e farsi venire le idee).
Una sigla: PNL, ovvero programmazione neuro linguistica.
Una cosa buona: il ciambellone appena sfornato durante la pausa caffé.
Un’emozione: i pensieri tradotti in parole di una ragazza bionda mentre se ne tornava in treno da Milano a Roma.
Un filo rosso: consapevolezza.
Ho scritto queste cose per non dimenticarle e perché vorrei tornarci sopra, qui o sul sito, approfondendole una per una.
Comincio dall’ultima, la consapevolezza, una parola che ci ha accompagnato per tutti e due i giorni. Consapevolezza delle scelte che si fanno mentre si scrive, consapevolezza del meccanismo testuale, consapevolezza del suono e dell’identità delle parole.
E così, stamattina, ho deciso di razzolare bene anch’io facendo una cosa molto banale ma utilissima. Dovendo riscrivere un testo – dalla notizia sull’intranet a quella per il sito web – nel mio file ho messo in fila il testo originale, il testo con le correzioni di word e infine quello definitivo. Ho tenuto e archiviato tutto.
Ci ho messo un po’ di più di quando adotto il mio solito procedimento “a immersione” istintivo e di getto, ma alla fine avevo tutta la “mappa” delle correzioni apportate (e ragionate) sotto gli occhi.
Credo che lo farò più spesso: il problema delle varianti digitali non riguarda solo i filologi e i letterati, ma può tornare utile anche allo scrittore professionale (e al formatore, che così ogni giorno non dimentica di formare se stesso).