Un titolo da aggiungere alla lista di libri da comprare: Il prontuario di punteggiatura di Bice Mortara Garavelli (Laterza), una delle nostre migliori linguiste.
Sabato scorso il Tuttolibri della Stampa gli dedicava tutta la prima pagina: una carrelata storica sulla punteggiatura, più il parere di 4 scrittori:
“La punteggiatura è una gabbia e insieme protegge: il canarino che ne esce può trovare la libertà o finire tra le zampe del gatto.”
Margherita Oggero
“Studiatevela bene e poi usatevela per i comodi vostri, ma usatela. È una delle rare tracce di voce nella grafia. L’essenziale è che non sia voce standard, ma voce vostra, viva.”
Domenico Starnone
“… la virgola è un sospiro, il punto e virgola un respiro intero, il punto a capo un silenzio.”
Laura Pariani
“Contro il punto e virgola esaltiamo invece il punto e la virgola.”
Romana Petri
Sottoscrivo in pieno quest’ultimo appello. Credo di non usare mai il punto e virgola. Forse perché nelle aziende se ne abusa (avete presente l’inutile segnetto alla fine di ogni voce di una lista?), per cui ho covato negli anni un’antipatia ormai insuperabile.
La virgola mi piace e la uso volentieri, ma nei documenti di lavoro cerco sempre di costruire i periodi in modo che contengano il minor numero di virgole possibile.
Sono pienamente d’accordo con te contro il punto e virgola. Mi fa pensare a una cosa vecchia, stantia e polverosa. Mi piacciono molto invece le virgole, e cerco di usarle anche negli scritti di lavoro, specialmente ricordandomi di un mio vecchio capo. Era quello che si dice un vero leccaculo. Aveva sentito dire dal capo supremo che non amava le virgole (con qst motivazione: la lingua italiano non è il solfeggio), allora scriveva sempre periodi lunghissimi senza il minimo segno di punteggiatura, che dovevi leggerli praticamente in apnea. Mi ricordava molto un episodio del film Amadeus, dove il re (mi pare) accusava Mozart di mettere “troppe note”. Ma, nelle virgole come nelle note, quando è troppo, quando è troppo poco? Si mettono quello che servono! Poi, a me non dispiace nemmeno l’idea del solfeggio. Perchè non dare un po’ di espressione, anche ad un documento di lavoro?
Aldo
Non esiste un solo segnio di interpunzione privo di una sua funzione.. poetica mi vien da dire. Non ci sono segni di serie A e di serie B, tutti contribuiscono opportunamente alla creazione del ritmo da parte di chi scrive, che poi è quasi lo stesso di chi leggerà.AdRiX
segno, non segnIo… vabbè, lo capite da soli.