L’ Auditorium di Renzo Piano è già lì da un po’. Ci sfreccio accanto col motorino quasi tutti i giorni, ma quello che vedo dalla strada sono soprattutto le strane coperture, che mi ricordano sempre la corazza dei bacherozzi. Grigi e scagliosi. Insetti giganteschi depositati tra gli alberi.
Oggi però ci sono finalmente entrata dentro e ho scoperto gli spazi immensi ma accoglienti, le sorprese, le trasparenze, le scale infinite dell’interno.
Ti scordi gli insetti, non sai più dove sei, perché lo spazio non è più prevedibile. Si apre verso l’alto, verso il basso e di lato. Una specie di Escher in versione calda e rassicurante, fatta di cotto e di vetro. Con una sala centrale che sembra pulsare e respirare con cuore e polmoni di legno.
È strano, ma ci stai bene: ti viene voglia di sederti in uno dei cortili o sulle scale, di aprire un libro e di immergerti nella lettura.
Ma oggi non era possibile: troppa gente, troppo rumore, troppi telefonini.
L’Auditorium ospitava Oracle Apps World, manifestazione imperdibile per le aziende di informatica e per le curiosone di eventi di comunicazione in ambito high-tech quali la sottoscritta e le sue colleghe.
Sarà perché siamo abituate alle noiose e prevedibili kermesse del mondo informatico nazionale, ma un evento in perfetto stile USA nel cuore di Roma… come resistere?
Ammiro molto lo stile asciutto della comunicazione anglosassone: mi ha insegnato a liberarmi della retorica e degli orpelli linguistici inutili, mi ha insegnato il valore della sintesi e della brevità, l’importanza dei fatti e dei numeri, l’inutilità di tanti aggettivi e di quasi tutti gli avverbi.
Eppure lo stile adottato da Oracle per comunicare a una platea di oltre 4.000 scafatissimi informatici, clienti e partner i suoi nuovi prodotti e la sua nuova visione del mondo dell’informatica è riuscita ancora a stupirmi per il coraggio della semplicità. Troppa, forse, questa volta. Non lo so, devo pensarci un po’ su.
Certo era tanta, forse troppa, la distanza tra gli “happy customers” cui si rivolgeva Oracle e i nostri “Clienti con le loro specifiche esigenze da soddisfare”, troppa tra i loro “we help you to save money” e i nostri “tesi nello sforzo di efficientamento”, troppa tra i loro “outsourcing is for everyone” e i nostri “l’outsourcing consente ai nostri clienti di focalizzarsi sul loro core business”.
Un po’ come alla bancarella del mercato del paese – ma in versione very very smart, e del resto il mercato globale e interconnesso non viene spesso paragonato al vecchio bazar? –, due alti manager della multinazionale del software mettono in scena un duetto per spiegare che fare formazione online, tenere sotto controllo persone e costi, avviare un nuovo sistema informatico e mille altre cose è facilissimo: una semplice e amichevolissima interfaccia e zac… è tutto fatto, efficientissimo ed economicissimo. Non lo è ovviamente e lo sappiamo tutti, noi in platea e loro sul palco, ma è lo stile comunicativo che mi colpisce.
E che dire del fascinoso e visionario Larry Ellison, il padre-padrone della Oracle, che passeggia sul palco perfettamente a suo agio, distillando visioni e consigli con voce suadente e pause da attore consumato?
Tanto, forse troppo semplice? Mi viene da dire “Ehi, Larry, sei in una delle città più antiche del mondo, la patria di Cicerone… puoi anche usare qualche parola più difficile, complicare leggermente la sintassi, usare qualche connettivo in più… sai, a noi in fondo piace”.
Ma Larry è simpatico, l’auditorium un posto magico, il buffet eccellente. Devo tornarci, con la musica.